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Géza, l’eroe dimenticato

Géza Kertész. Un nome forse dimenticato nella storia del Taranto. Eppure è un nome dietro al quale c’è una storia che merita di essere raccontata.

Un nome che è legato (anche) a Foggia-Taranto, uno dei più sentiti derby calcistici della Puglia, che domenica vivrà un nuovo capitolo. Maggio 1937: gli ionici espugnano il campo dauno con un pirotecnico 2-5, dopo che già al primo minuto di gioco gli avversari erano andati in vantaggio. Eroe della rimonta sarà Cavazza, autore di una tripletta. In panchina, a guidare i tarantini, proprio lui, Géza Kertész, allenatore ungherese; quello straordinario successo a Foggia spianerà al Taranto la strada per la promozione in serie B, con quaranta punti in ventisei giornate.

Nato a Budapest nel 1894, da calciatore – mediano “tuttofare”, come nello stile dell’epoca – e nonostante fosse tanto lento da essere soprannominato lajhàr, ‘bradipo’, Kertész arrivò sino in Nazionale, dopo aver giocato con il Btc Budapesti ed il Ferencvaros. La sua seconda vita comincia nel 1925, quando si trasferisce in Italia. Con lo Spezia inizia una carriera da allenatore che lo condurrà a Carrara, Viareggio, Salerno, Catanzaro, Catania, sino all’approdo a Taranto, dal ’36 al ’38: una promozione in B, quella guadagnata anche grazie alla vittoria di Foggia, cui seguirà la retrocessione in C. Dopo, per quello che in Ungheria chiamavano il ‘bradipo’ ci saranno anche le panchine di Roma e Lazio, in serie A. Uno pratico, Kertész, difesa-e-contropiede, il primo a introdurre nel nostro Paese la consuetudine del ritiro, a Catania (città che amò molto, e che ancora oggi lo ama), in una villa nei pressi dello stadio.

Sposato e padre di due figli, allenatore molto stimato per il rigore professionale e le grandi doti umane, Kertész aveva tutto. Lo perse, e non per sua colpa. La terza vita di Kertész sarà infatti una vita da soldato. Nazionalista, il ‘bradipo’ torna in patria allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Diventa tenente colonnello dell’esercito, combatte per il suo Paese. Di fronte alla tragedia dell’Olocausto, non chiude gli occhi. Insieme a Istvan Toth, compagno di squadra ai tempi del Btc Budapesti, fonda e dirige un’organizzazione attiva nella Resistenza, che salvò decine di ebrei dai lager, arrivando a travestirsi da soldato tedesco della Wehrmacht pur di aiutare delle famiglie di origine ebraica a evitare l’orrore dei campi di sterminio.

L’allenatore che, il 16 maggio 1937, aveva portato il Taranto in serie B andando a vincere 2-5 sul campo del Foggia, nel 1944 porta in salvo uomini, donne e bambini. La guerra si avvia alla conclusione, ma il nazismo riserva velenosi colpi di coda. E’ un delatore ad informare la Gestapo che quel tenente colonnello che era stato calciatore e poi allenatore nasconde in casa degli ebrei. Kertész viene arrestato e, il 6 febbraio del ’45, fucilato insieme ad altri sei commilitoni nell’atrio del Palazzo Reale. Pochi giorni dopo Budapest sarà finalmente liberata dall’invasione tedesca. Oggi, l’uomo che a Foggia abbracciò Cavazza dopo il suo terzo gol in quell’epico 2-5 del 1937 riposa nel Cimitero degli Eroi d’Ungheria. In migliaia parteciparono ai suoi funerali. Gli è stato riconosciuto il titolo di Martire della Patria Ungherese, ed è stato accostato a Oskar Schindler.