Avevamo auspicato che calasse il sipario su questa avvilente vicenda della statua di Afrodite che sarebbe stata rinvenuta al largo di San Vito.
Siamo invece costretti a ritornare sull’argomento perché il caso è assurto agli onori della cronaca nazionale. Il Tg5 ha mandato in onda un servizio per raccontare quella che è stata definita la «figuraccia» del sindaco Stefàno. Il tg ha ricordato la burla delle teste di Modigliani architettata da tre ragazzi livornesi e ha rilanciato l’immagine della Taranto negletta, città afflitta e avvilita che vive sul filo delle illusioni e che ad altro non riesce ad aggrapparsi. Grazie quindi all’avventatezza del sindaco e dei suoi sodali della circostanza, Taranto ha subito un altro colpo alla sua intelligenza e alla sua immagine. Non contento, il sindaco Stefàno ha pure avuto il coraggio di rilanciare, parlando – come riporta il sito cronachetarantine.it – di «polemica gratuita», criticando la Soprintendenza perché «solo dopo gli accertamenti scientifici valuteremo la autenticità della statua» e perché non sono stati ancora effettuati i sopralluoghi per verificare la presenza di ulteriori reperti nello specchio d’acqua dove il sub dilettante ha affermato di aver “pescato” la statuetta di bronzo.
Una statua consegnata dal mare intonsa, così ben conservata da non presentare nessuna ruga d’età che pure, stando al misterioso archeologo amico del sindaco che l’avrebbe datata al IV secolo a. C., dovrebbe superare la bellezza dei duemila anni. Non deve esserci altra spiegazione: Afrodite, dea della bellezza, avrà avuto cura in questa lunga catena di secoli di farsi assistere adeguatamente da visagisti e chirurghi plastici per tenere fede alla sua fama. Il sindaco ha di fatto rimpastato gli argomenti ai quali i legali del tennista-sommozzatore si erano aggrappati per tentare di ribaltare il risultato: la stucchevole ostentazione della correttezza e della trasparenza del proprio operato, l’attacco alla Soprintendenza, le surrettizie minacce di querela ai giornalisti colpevoli di non si sa cosa se non di aver riportato quanto annunciato allegramente dal sindaco nella conferenza stampa a Palazzo di Città e di aver sintetizzato con il termine “patacca” quel “privo di interesse archeologico” pronunciato dalla Soprintendenza.
Argomentazioni a cui si è aggiunto – non ultimo per importanza, evidentemente – il sentimentale desiderio domestico di vedere quella statuetta nel salotto della casa di mamma e papà del tennistasub. Nonostante questo surreale profluvio di parole da lasciare di sasso – addirittura con imbarazzanti e iperbolici richiami finanche alla Gioconda di Leonardo – questa storia non regge da nessuna parte la si guardi e solo i diretti protagonisti sembra non riescano a coglierne gli aspetti grotteschi, l’involontaria comicità suscitata e la superficialità della condotta avuta soprattutto dal primo cittadino. Il quale, non essendo l’ultimo dei passanti per strada, ma ricoprendo da una vita ruoli istituzionali (prima di fare il sindaco è stato a lungo consigliere comunale, assessore e finanche senatore) avrebbe dovuto sapere che prima di far volare ai quattro venti lo sciagurato annuncio di un ritrovamento epocale, avrebbe dovuto usare prudenza e attendere il responso di quella stessa autorità scientifica che oggi viene meschinamente accusata di aver agito in mala fede solo perché il responso ha certificato ciò che in molti avevano temuto fin dal principio.
Al momento, dunque, siamo sempre di fronte ad una istituzione scientifica che dice certe cose e a un pediatra, un tennista e ora anche due avvocati che ne dicono un’altra. Tra i due fronti, non v’è dubbio a chi è lecito dover dare credito. La partita non esiste neppure. Se poi c’è davvero questo misterioso e finora anonimo archeologo il cui parere ha contagiato d’entusiasmo sindaco, tennista e consigliere comunale che li ha accompagnati in questa tragicommedia dell’assurdo, allora venga allo scoperto e abbia il coraggio di far valere le sue ragioni scientifiche. In mancanza, il pudore – se esiste – dovrebbe suggerire un più dignitoso silenzio.