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​Al S. Cataldo il Vescovo tra i senza fissa dimora​

Il refolo porta alle narici
l’odore pungente di salsedine mentre lo
spazio fra i due palazzi sulla “ringhiera”
lascia intravvedere il panorama, sempre
emozionante, della rada di Mar Grande
con le navi alla fonda con alcuni motopescherecci
che partono per la battuta notturna.

Sono le sette in punto di una bella
serata d’anticipo di primavera il primo
ospite bussa al centro di accoglienza per i
senza fissa dimora “San Cataldo vescovo”,
realizzato dalla diocesi a palazzo Santacroce,
in città vecchia All’addetto all’accoglienza,
nella guardiola all’ingresso,
viene mostrato il tesserino rilasciato dalla
Caritas diocesana recante i dati personali
e il termine entro il quale potrà usufruire
dei servizi della struttura, realizzata con
il contributo generoso della comunità e
inaugurata il 19 novembre dello scorso
anno.

Rallegrati da composizioni floreali,
gli interni, non meno che gli esterni,
sono di una sobria eleganza, in sintonia
con quel “diritto alla bellezza dei poveri”
auspicato da papa Francesco e ribadito a
più riprese da monsignor Filippo Santoro.
Nel cortile c’è animazione, come ogni
volta che gruppi ecclesiali vengono ad
animare in cappella momenti di preghiera;
e in questo si distinguono il Rinnovamento
nello Spirito e Comunione e Liberazione,
ma non manca l’intervento di una realtà
proveniente addirittura da Villa Castelli.

Questa volta c’è la santa messa celebrata
da don Nino Borsci, direttore del “San
Cataldo vescovo”, con buona parte dei
volontari. L’ospite si sofferma brevemente
per un saluto con don Nino e poi imbocca
la scalinata per raggiungere gli alloggi
al primo piano. In una stanzetta avviene
la registrazione cui segue la consegna di
pigiama, biancheria intima e dell’occorrente
per la doccia. Ripulito e profumato
di bagnoschiuma, l’ospite, con addosso
l’accappatoio, ripone i suoi indumenti
nell’apposito armadietto e si dirige verso
un piccolo buffet con focacce, panini
e spesso una pietanza calda portata da
casa dai volontari, ritratti nelle foto di
Francesco Manfuso.

È l’occasione per
scambiare due parole con gli altri senza
fissa dimora che man mano raggiungono
il centro. Non mancano le donne e fra loro
eccezionalmente c’è una cinese. Quindi si raggiunge la stanza per andare a dormire.
Sulla tranquillità del sonno degli ospiti
vegliano alcuni volontari.
“Sin da quando abbiamo aperto il centro
– spiegano i coordinatori Rosanna
e Mino – i tarantini hanno risposto generosamente
all’appello del vescovo per
coprire i tre turni previsti: 19-21, 21-7,
7-9. Forse ce ne vorrebbe qualcuno di più
che assicurasse disponibilità per la notte,
così da coprire eventuali assenze. Sono
nate molte amicizie fra i volontari, di ogni
età e ceto sociale, e da parte loro con i
senza fissa dimora. Finora è filato tutto
senza problemi, con il rispetto assoluto e
senza eccezioni del regolamento. Siamo
soddisfatti di come procedono le cose, ma
ancor di più quando riusciamo a far uscire
dalla povertà i nostri ospiti, assicurando
loro una casa e un lavoro. Questo è già
successo diverse volte”.

La mattina successiva alle ore 7.30 in
punto si è in piedi per le pulizie personali e
per il rassetto della stanza, letti compresi. Quindi si scende giù in sala mensa per la
colazione. Alle ore 9, inderogabilmente,
tutti fuori. C’è chi si accende una sigaretta
prima di rimettersi in cammino. Intanto
giungono alla chetichella i volontari per le
pulizie e quelli della mensa del Carmine,
da qualche settimana trasferitasi al centro
di accoglienza, per preparare il pranzo.
Successivamente iniziano i colloqui per
valutare l’accoglienza di altri senza fissa
dimora. Un’altra giornata ha così inizio.