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Cinquestelle-sindacati, primo confronto sulla chiusura dell’Ilva

Si è risolto con una nota di ambiguità il confronto a porte chiuse che si è tenuto stamani alla Cittadella delle Imprese tra sindacati e parlamentari del Movimento Cinque Stelle. Al tavolo, per la parte sindacale, erano seduti i rappresentanti di Fim, Fiom, Uilm, Usb, Ugl, Flmu. Dall’altra parte i rappresentanti pentastellati di comune di Taranto (Nevoli e Battista), Regione Puglia (Laricchia e Galante), Parlamento (Fioramonti, Vianello, Ermellino, De Giorgi, Turco, Cassese) ed Europarlamento (D’Amato).

Tra le due delegazioni c’è stato un primo confronto sullo stato dell’arte e i Cinquestelle avrebbero parlato di graduale chiusura delle fonti inquinanti, secondo la generica formula usata nel cosiddetto contratto di governo con la Lega. Toni molto più decisi, invece, all’uscita davanti a telecamere e taccuini, quando invece i toni pentastellati sono stati decisamente più espliciti rispetto alla volontà di chiudere l’Ilva. «Abbiamo chiesto ai parlamentari Cinquestelle – ha dichiarato a TarantoBuonasera Valerio D’Alò (Fim Cisl) – un piano dettagliato su cosa vogliono fare. Noi vogliamo sapere come vogliono procedere alla chiusura dello stabilimento e cosa fare con i lavoratori il giorno dopo la chiusura. Abbiano ricevuto risposte molto vaghe. Questo ci lascia molto perplessi. Abbiamo chiesto che il prossimo confronto non avvenga a porte chiuse ma all’interno del tavolo istituzionale istituito il 5 maggio». «In questo momento ci muoviamo in una direzione chiara, cioè chiusura programmata e riconversione economica dell’Ilva. Questo va fatto in un periodo di tempo relativamente breve ma non brevissimo. Quindi non pensiamo ai 20 anni o ai 30 anni, non pensiamo nemmeno a un anno o sei mesi. E’ percorso che va intrapreso, è un percorso importante in cui bisogna condividere il metodo» le parole di Lorenzo Fioramonti, consigliere economico di Di Maio.

“La progettazione di un nuovo futuro radioso per il territorio di Taranto e per i suoi cittadini, costretti da decenni da una certa politica a pagare un prezzo troppo alto, parte dal confronto, dall’ascolto dal dialogo serrato con tutto il territorio. Un futuro nel quale a nessun cittadino di Taranto sarà più chiesto di scegliere tra salute e lavoro.

Questo contratto di Governo ha segnato una storica, e attesa, inversione di tendenza rispetto alle politiche di governi che in questi hanno finanziato a suon di decreti una fabbrica obsoleta che, come i dati scientifici hanno dimostrato, ha ucciso e continua ad uccidere un territorio.

Vogliamo realizzare un progetto coinvolgendo tutti i livelli istituzionali compresi comune di Taranto e Regione Puglia, che punti ad avviare un cronoprogramma di interventi avente come obiettivo la riconversione economica del territorio di Taranto che passi dalla chiusura delle fonti inquinanti salvaguardando i livelli occupazionali come già avvenuto, con successo, in altre realtà all’estero.

Riteniamo l’incontro odierno molto positivo; dal momento che tra le nostre priorità c’è la tutela di tutti i lavoratori, abbiamo ritenuto opportuno partire proprio da un incontro e dall’ascolto di tutte le sigle sindacali al quale, siamo certi, ne seguiranno molti altri. Dal canto nostro abbiamo dimostrato coerenza e coraggio segnando una profonda differenza con il passato, ora serve uno spirito di responsabilità da parte di tutti perché la posta in gioco è la vita dei cittadini e dei lavoratori” si legge in una nota del M5s.

Ad intervenire conuna nota anche Confindustria, tramite il presidente Cesareo. “Confindustria ha sempre ribadito, anche a mezzo stampa in questi ultime concitate ore, la sua netta contrarietà alla fermata dello stabilimento e continua a sostenerne fortemente le ragioni. Pur nel rispetto delle diverse opinioni, riteniamo infatti che la chiusura, invocata erroneamente come se fosse realmente la risoluzione di tutti i mali, non farebbe che aggiungere povertà ad un territorio già dilaniato da una crisi visibile a tutti, e che coinvolge tutti i settori.E mi fermo qui, attendendo che chi è di parere diverso mi possa spiegare – però portandomi a conforto risorse, strumenti e cifre, senza parlare di fantomatici accordi di programma (come se mettere giù un accordo fosse già una soluzione) – come poter impiegare una forza lavoro di 15mila e passa unità, se consideriamo anche l’indotto. E dovrebbe anche spiegarmi che fine farebbe il risanamento ambientale, finora strettamente legato alla prosecuzione dell’attività.Abbiamo tutti, credo, sotto gli occhi, vicende di aziende dismesse che ancora oggi, dopo diversi lustri, non trovano soluzione per il ricollocamento al lavoro dei loro ex dipendenti, trascinati stancamente da un anno all’altro fra ammortizzatori sociali e soluzioni stiracchiate e temporanee.E siamo, in questi casi, nell’ordine delle decine, delle centinaia di unità nei casi più gravi. Abbiamo sotto gli occhi, sul piano del risanamento, il caso Bagnoli”.