Una bella granita di limone è quanto di meglio si
possa desiderare nell’estate tarantine, meglio ancora se servita
al chioschetto in via De Cesare, nelle vicinanze della chiesa
del Santissimo Crocifisso, che i più anziani continuano a denominare
erroneamente “San Giovanni di Dio”.
La refrigerante
bevanda va gustata lentamente, con il sapore che accarezza
dolcemente il palato, tanto da far immaginare di essere stesi al
sole sulle lontane spiagge di Copacabana o almeno… su quella
più familiare di Lido Bruno. Quel chioschetto è muto testimone
delle vicende cittadine dagli anni cinquanta ad oggi: quando
il Borgo non era stato ancora deturpato dai palazzoni, la sera
tardi i marinai s’inquadravano dietro la fanfara per la “ritirata”,
il passeggio in via D’Aquino comportava obbligatoriamente
l’abito elegante e d’estate un bel film al “Fusco” (allora il tetto
era apribile) o all’arena “Pineta” costituiva occasione per far le
ore piccole. Preferendole a quelle dei locali più rinomati, numerose
sono state le personalità di rilievo, culturali e politiche,
che hanno apprezzato quelle limonate.
Nei periodi di maggior
calura si giungeva a servirne fino a millecinquecento al giorno,
oggi molte di meno. Ma una sosta al chioschetto di via De Cesare
continua a essere irrinunciabile, assieme alla passeggiata
a lungomare o in via D’Aquino, specialmente per universitari
ed emigrati che nei mesi estivi tornano a Taranto: solo così la
rimpatriata può definirsi completa.
A servire l’affezionata clientela sono i fratelli Francesco e Angela
Seprano, che continuano l’attività ereditata dal papà Giovanni,
avviata inizialmente, ma solo per poco, nel vicino angolo con
corso Umberto. Il segreto di quella granita così buona è custodito
gelosamente dai Seprano, riferito loro dal padre poco prima di
morire.
Molto, ci viene comunque detto, dipende dall’uso di
una determinata qualità di limoni coltivati a Policoro, alquanto
difficile da reperire, la cui buccia deve presentare estese macchie
di verde; il resto viene dalla meticolosa preparazione.
Più che dalla vendita di granite, Giovanni Seprano traeva
principale sostentamento per la sua numerosa famiglia dalla
pericolosa attività di artificiere a Buffoluto. Libero dal lavoro,
lo si vedeva intento nell’arte del limonaio: l’aveva appresa da
piccolo in un chioschetto di via Principe Amedeo, nei pressi
della farmacia Grimaldi (ora in via Berardi), diventando poi
così bravo da mettersi in proprio. E quando era possibile, egli
imbracciava il mandolino e si aggregava al gruppo folcloristico
“Armonie dei due Mari” del maestro e compositore Saverio
Nasole (ricordate “Tarde Ta’”?), i cui pezzi vengono ora riscoperti
e riarrangiati dai cultori della taranta.
La figlia conserva
ancora delle musicassette amatoriali incise dal padre, con alcune
vecchie serenate con le quali si usava accompagnare la “zita” a
casa del promesso sposo. “Un anno papà fu invitato dal maestro
Giovanni Lo Palco ad esibirsi con lui in una trasmissione televisiva
sulle canzoni tarantine – racconta la figlia – Fu un successo
e parecchi, passando davanti al chiosco, si congratularono con
lui. Un paio di giorni dopo un malore rese necessario il suo
ricovero in ospedale, dando inizio a un calvario che si concluse
in brevissimo tempo col decesso”.
Gli affezionati clienti sostengono che negli anni quelle granite
non hanno mai avuto un calo di qualità. Merito senz’altro della
bravura dei fratelli Seprano e, chissà, anche delle intercessioni
del padre, che immaginiamo ora in paradiso a servire limonate
ai santi. E magari racconterà loro, supportato da San Cataldo
e Sant’Egidio, le bellezze di una Taranto in cui, come faceva
cantare Saverio Nasole “… ‘mmienz’a mmare tiène le sciardine,
ca le serène fanne addà festìne…”.