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Dal Riesame “no” al ricorso dei Riva

TARANTO – Porte in faccia ai Riva. I giudici del Tribunale del riesame hanno confermato il sequestro di beni fino a 8,1 miliardi di euro nei confronti della ‘Fire’, rigettando il ricorso presentato dai legali della holding, che controlla l’Ilva spa, contro il decreto firmato dal gip Patrizia Todisco.

Il decreto di sequestro è entrato in esecuzione il 24 maggio scorso. Fino ad oggi sono stati sequestrati beni per un miliardo di euro circa. E ora le attenzioni si spostano dentro la grande fabbrica, già allo stremo, dicono i sindacati, perchè manca tutto: dal gasolio, ai pezzi di ricambio, ai dispositivi per la sicurezza. I giudici depositeranno le motivazioni entro cinque giorni, la Riva Fire ricorrerà in Cassazione.

La cifra di 8,1 miliardi di euro, secondo quanto indicato dalla Procura, accolto dal gip e confermato dal riesame, corrisponderebbe alle somme risparmiate nel corso degli anni dall’Ilva non adeguando gli impianti alle normative ambientali. Si tratta di un sequestro preventivo per equivalente. Anche l’Ilva spa aveva presentato ricorso a firma dell’ex amministratore delegato Enrico Bondi che lo ha ritirato in sede di udienza dopo la sua nomina a commissario straordinario. Per gli avvocati di Riva Fire, guidati dal prof. Franco Coppi, il sequestro andava annullato in quanto viola la legge.

Disposto dal gip in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese che dal 2011 è stata estesa anche ai reati di natura ambientale, per gli avvocati di Riva Fire “la motivazione del provvedimento impugnato sostituisce il nesso causale previsto dalla responsabilità degli enti, reato-vantaggio-profitto confiscabile, col preteso collegamento tra investimenti futuri e risparmi di impresa”.
Il sequestro riguarda beni, conti, titoli e partecipazioni della capogruppo Riva Fire.

Esclusa invece l’Ilva e tutto ciò che è funzionale alla produzione e all’attività del sito di Taranto, salvaguardato nella sua continuità operativa dalla legge 231 dello scorso dicembre.

Per aggirare comunque eventuali conseguenze il governo ha disposto il ‘commissariamento temporaneo’ dell’azienda. Il cui futuro però è tutt’altro che chiaro.