Spaccio di coca e di hashish davanti a due bar della movida tarantina, soprattutto by night e del fine settimana, prima della discoteca. Sette mesi di indagini, da gennaio a luglio del 2012 hanno consentito ai carabinieri dell’Aliquota radiomobile della Compagnia di Taranto, diretti dal capitano Carmine Mungiello e dal tenente Pietro Laghezza, di far cadere nella rete dodici giovani, quasi tutti insospettabili. Nei guai sono finiti uno dei gestori dell’Old Fashion, Cataldo Barivelo e tre suoi collaboratori che in quel periodo lavoravano come baristi: Russo, Pugliese e Ferrarese. Secondo l’accusa Barivelo non avrebbe partecipato materialmente allo spaccio ma avrebbe consentito ai suoi dipendenti di allora di cedere dosi di cocaina e di hashish davanti al suo locale.
In un paio di circostanze sarebbe stata spacciata droga nei bagni del bar. I militari dell’Arma hanno anche arrestato quattro donne che avrebbero ricoperto il ruolo di “corrieri” e i compagni di tre di loro. Il blitz scattato all’alba di oggi è denominato “Desmòs”, che in greco vuol dire catena, e che indica che a gestire il giro di droga fossero gruppetti collegati però tra loro. Sotto osservazione il bar “Old Fashion” ma anche il bar la “Capannina” della Villa Peripato che nel periodo dello spaccio era gestito da Barivelo ma che oggi ha un’altra gestione. Il locale, infatti, oggi è gestito da persone che non c’entrano con l’attività illecita. I due locali sono stati sottoposti a sequestro preventivo su ordine del gip Martino Rosati che ha accolto la richiesta del pm Fabio Lelio Festa. Secondo l’accusa, grazie alle indagini supportate da intercettazioni telefoniche e da appostamenti e pedinamenti effettuati anche nei confronti dei presunti pusher, che si spostavano con auto e moto, ma anche con mezzi pubblici, è emerso che alcune “cellule” dedite allo spaccio di droga avessero rapporti d’affari reciproci, anche se ciascuna con propria clientela e sostanzialmente autonome tra loro. Le donne avrebbero nascosto la droga con la “tecnica del fasciamento” . Una tecnica che rendeva praticamente invisibile la droga nascosta sotto gli abiti. I “cipollotti” di cocaina e le dosi di hashish, con l’utilizzo di nastro da imballaggio venivano fatti aderire su alcune parti del corpo e precisamente seno, cosce e zona inguinale. Altre volte la sostanza stupefacente veniva celate sotto corsetti, busti, panciere e pantaloncini. Nella operazione scattata all’alba di oggi, soprattutto nel quartiere Salinella sono stati impiegati settanta carabinieri e due cani antidroga “Kimi” e Boss” del Nucleo cinofili di Modugno. Durante le indagini, avviate all’inizio del 2012, i militari dell’Arma hanno sequestrato mezzo chilo di hashish e numerosi dosi di cocaina, arrestate quattro persone e segnalati cinque giovani alla Prefettura per uso di stupefacenti.
Dodici arrestati e un latitante
Tredici le misure restrittive emesse dall’autorità giudiziaria nell’ambito dell’operazione “Catene” che ha svelato un fitto intreccio, per lo più notturno, di droga a Taranto. In carcere sono finiti Ivan Cardellicchio, Lucia Caracciolo, Silvia Fontana, Michele Novellino, Miriam Punzo, Fiorello Rizzo, Serafina Rizzo. Arresti domiciliari sono stati concessi, invece, a Cataldo Barivelo, gestore del noto locale “Old Fashion” di viale Magna Grecia; Danilo De Felice, Marco Ferrarese, Daniele Pugliese, Andrea Russo. Una tredicesima persona si trova all’estero e nei suoi confronti potrebbe essere emesso decreto di vana ricerca. Scatterebbe così la latitanza, a meno di una consegna spontanea dello stesso indagato. Quasi certamente tra oggi e domani gli indagati saranno interrogati, ma già fioccano i ricorsi dei difensori al Tribunale della libertà. Non sono esclusi ulteriori coinvolgimenti.
Tra i cocktail spunta la cocaina. E via ai sequestri
Le aree esterne di due locali della Taranto by night erano divenute una sorta di quartier generale delle “cellule” di spacciatori che rifornivano di droga i “discotecomani”, ma anche i vip della città. Dalle intercettazioni telefoniche è venuto fuori che alcuni pusher venivano svegliati anche nel cuore della notte dai loro “clienti” in cerca di dosi di coca e di hashish. Nelle conversazioni telefoniche veniva utilizzato un linguaggio criptico: per indicare le dosi si parlava di caffè e di magliette. Al servizio dei gruppetti poi, secondo gli investigatori dell’Arma, c’erano delle donne scaltre. Silvia Fontana nonostante fosse ai “domiciliari” avrebbe avuto la capacità di gestire il giro di stupefacenti. Altre due presunti “corrieri” in una circostanza furono fermate ad un posto di blocco dei carabinieri e mentre venivano condotte in caserma per essere sottoposte a perquisizione una di loro riuscì a nascondere un panetto di hashish sotto il sedile della “gazzella” dell’Arma. Dalle indagini è, inoltre, emerso che tre coppie erano molto attive nello spaccio nel rione Salinella ma anche a Talsano e Tramontone. Nella inchiesta ci sono degli indagati a piede libero ma anche un ricercato che potrebbe trovarsi all’estero. Nel mirino dei carabinieri, come detto, i due noti locali della movida tarantina “Old Fashion” e “Capannina” che nel periodo delle indagini erano gestiti da Cataldo Barivelo, finito agli arresti domiciliari per aver consentito ai suoi tre dipendenti di spacciare stupefacenti. I sigilli sono stati apposti anche alla Capannina della Villa Peripato che è stato inaugurato solo ieri e che ora è gestito da commercianti che non c’entrano con questa storia. Le indagini hanno preso il via nel gennaio del 2012 dopo una fitta rete di controlli tessuta dai militari dell’Arma nel capoluogo ma anche in provincia e soprattutto a Leporano. Il blitz antidroga “Desmòs” è stata condotto dai carabinieri del Comando provinciale di Taranto, che hanno eseguito dodici ordinanze di custodia cautelare (di cui sette in carcere e cinque ai domiciliari) nei confronti di altrettante persone (tra cui quattro donne) ritenute responsabili di detenzione e spaccio di cocaina e hashish. L’inchiesta è stata condotta anche con intercettazioni telefoniche e ambientali e lunghi e impegnativi servizi di appostamento e di pedinamento in tutte le ore del giorno. Il quartier generale dello spaccio, secondo gli investigatori diretti dal capitano Mungiello e dal tenete Laghezza e coordinati dal sostituto procuratore Festa, era il quartiere Salinella. Nel corso dell’operazione i militari hanno posto sotto sequestro oltre a dosi di sostanze stupefacenti, due noti locali pubblici della città dei Due Mari. Ora stanno dando la caccia alla tredicesimo indagato nei confronti del quale è stato spiccato il provvedimento restrittivo.
Ora trema la Taranto bene
Trema davvero, adesso, “l’altra città”. Quella che non deve fare i salti mortali per arrivare a fine mese, che i soldi ce li ha, e ha come problema semmai il modo per spenderli. La città dei vip, o presunti tali, quella che non vive la crisi (o magari in alcuni casi fa finta, e s’indebita con le persone sbagliate per pagare i propri lussi) si ritrova nelle carte dell’inchiesta sfociata nella raffica di ordinanze di custodia cautelare eseguite dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Taranto. Il terzo capitolo dell’indagine, oltre a quello degli arresti da un lato, ed i clamorosi sequestri messi a segno dai militari dall’altro, è relativo ai clienti, gli ‘utilizzatori finali’ del fiume di droga che scorre tra le strade di Taranto, inquadrato dalla raffica di operazioni e blitz di cui quello di stanotte è soltanto l’ultimo in ordine di tempo. Al di là delle responsabilità penali – per i tossicodipendenti, vip o non vip, c’è solo la segnalazione in Prefettura come assuntori di sostanze stupefacenti – il vero timore di chi si ritrova invischiato nelle intercettazioni che hanno scandito l’inchiesta sulla dolcevita (e la cocaina) in salsa ionica è la perdita di quella patina di rispettabilità che i soldi non possono comprare e che anzi, secondo le ‘carte’, in alcuni casi fanno perdere. Al vaglio ci sono i contatti, di tutti i generi, che nei locali della movida venivano intrecciati e poi ‘portati fuori’. Ad emergere è lo spaccato di una città, la Taranto da bere, che se ne frega di tutto quello che esula dallo ‘champagnino’ e dai party a base di musica e sballo, a cui non importa delle emergenze, che siano ambientali o occupazionali, e che è essenzialmente auto-referenziale. Una città annoiata, che dovrebbe evolversi in classe dirigente e si involve, al contrario, a combriccola in cui tutti si conoscono e condividono vizi privati – da nascondere agli ‘altri’, i non ammessi al club – e pubbliche virtù, da ostentare quasi con sfacciataggine. Molto altro sembra promettere, a quanto risulta, questa inchiesta, che aiuta a capire cosa può diventare la dolcevita al tempo della crisi, nella città più in crisi di tutte.
Giovanni Di Meo