«Il piano Cimino non si farà. E’ quello che vuole la maggioranza, è quello che dice il programma ed è quello che ha stabilito il Consiglio comunale».
Raramente, in questi sei anni di Amministrazione, il sindaco è riuscito a mettere tutti d’accordo. Oggi, invece, con una sola dichiarazione, potrebbe riuscire a serrare le fila della sua maggioranza ed a placare (forse solo per qualche giorno) gli animi dei commercianti e degli ambientalisti tarantini.
Da qualche settimana è ripartito l’iter del piano Cimino. Un progetto che gira per i corridoi degli uffici comunali da almeno un decennio.
Qualche lieve modifica è più che sufficiente a rimettere tutto in discussione, alimentando le speranze dei proprietari dei terreni che, nel corso di questi anni, hanno scritto a più riprese a Stefàno chiedendo di poter costruire. Invece, nulla. Anche questa volta, il piano Cimino, comparto 3.2 o ex Sircom, che dir si voglia, tornerà in uno dei cassetti impolverati di Palazzo di Città.
Il sindaco Ippazio Stefàno, nel corso di una nostra intervista, spiega le ragioni dell’ennesima stoppata, in piena corsa, del progetto che prevede la realizzazione di centri commerciali, 1.000 alloggi e, soprattutto, l’ampliamento dell’Auchan. In totale 1.125.000 di metri cubi di cemento.
Allora sindaco, sul piano Cimino si sono espressi tutti: contrari Pd, Sel e le forze politiche d’opposizione. Nei giorni scorsi sono intervenuti per esprimere dissenso anche commercianti, ambientalisti e architetti. Ci piacerebbe capire il suo parere.
«Esiste una maggioranza, esiste un programma e c’è il parere espresso dal Consiglio comunale. Sono queste le cose che contano. Se poi qualche singolo vuole avviare un confronto non c’è problema. In democrazia bisogna dare spazio a tutti».
Si farà o no il piano Cimino?
«Abbiamo dei confini da rispettare. Dobbiamo rigenerare. Il piano Cimino non si farà. E’ quello che vuole la maggioranza, è quello che dice il programma ed è quello che ha stabilito il consiglio comunale».
Quel piano però, nonostante tutto, è stato stilato nel silenzio generale…
«Fu presentata in Consiglio una proposta che teneva in considerazione solo un particolare e non una visione generale della città. Io chiesi all’architetto Rufolo cosa dovevamo fare perchè sono un politico, non un tecnico. Era più logico guardare al generale. E così abbiamo fatto».
Cosa si sente di dire ai proprietari dei terreni che da anni chiedono di costruire?
«Ci sono dei limiti e delle posizioni ben chiare. Se ci sono dei diritti dimenticati riguarderemo e valuteremo. Ma non si può guardare la città un pezzo per volta».