«Che fine fa l’acqua che cade sull’Ilva? E l’acqua con cui vengono bagnati i parchi minerali? In Italia persino un parcheggio per essere autorizzato deve essere dotato di un sistema di trattamento delle acque di prima pioggia. E la più grande acciaieria d’Europa possiede o no un sistema di trattamento delle acque di prima pioggia?». A porre queste domande è il gruppo ambientalista tarantino Peacelinl che si è rivolta al Garante dell’AIA che, a sua volta, ha posto gli interrogativi all’Arpa Puglia.
Ecco la risposta dell’Arpa, secondo quanto scrive Peacelink: «“Attualmente la struttura del sistema fognario asservito allo stabilimento Ilva spa di Taranto non consente la raccolta delle acque di prima pioggia, le quali vengono fatte confluire insieme agli altri scarichi dello stabilimento nei canali di scarico (canali Primo e Secondo), che l’azienda considera sedimentatori longitudinali”. Questo è quanto scrivono Giorgio Assennato e Massimo Blonda, rispettivamente Direttore Generale e Direttore Scientifico dell’Arpa Puglia al già Garante dell’AIA Vitaliano Esposito».
«A questo punto – conclude l’associazione ambientalista – la domanda è d’obbligo: chi non ha agito fino a ora per applicare la legge? Ci sono responsabilità politiche visto che l’organo tecnico aveva già segnalato il problema? La questione sarà portata all’attenzione della Procura della Repubblica».