“Non si può sempre ripartire da zero”, come “in un tragico gioco dell’oca”. Alla luce della nuova società tra ArcelorMittal Italia, ex Ilva, e Invitalia, lo ha evidenziato l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, chiedendo una svolta.
“L’unica acciaieria a ciclo integrale alimentata dal carbone ancora in attività è quella di Taranto, urgono scelte coraggiose che investano risorse sulla produzione a forno elettrico e, contemporaneamente, la sottoscrizione di un accordo di programma per garantire il risanamento ambientale e la forza lavoro eccedente affinché venga riqualificata perché non un posto di lavoro sia perso”, ha dichiarato l’arcivescovo nel webinair promosso dalla Conferenza episcopale italiana e dalle commissioni Cei per il servizio della carità e la salute e per i problemi del lavoro e della giustizia sociale sul tema “Custodire le nostre terre”.
«Siamo riuniti – ha detto mons. Santoro – per tenere fede a quanto Papa Francesco ci ha indicato nella pietra angolare della riflessione sulla salvaguardia del creato, l’enciclica Laudato si’ quando ci ha invitati a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta in quel confronto che deve coinvolgerci tutti perché “la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti”. Come ha scritto Francesco, la Terra “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”. La Terra che “geme e soffre le doglie del parto” afflitta dai sintomi di malattia del suolo, nell’acqua, dell’aria e negli esseri viventi”.
L’arcivescovo di Taranto nel richiamare i problemi della città pugliese e auspicando azioni concrete, ha osservato che di questo c’è ora bisogno “a maggior ragione perché lo Stato attraverso Invitalia, pagando 400 milioni di euro, è entrato direttamente nella gestione dell’acciaieria detenendo il 38% di quote azionarie e il 50% di diritti di voto della nuova società che si chiamerà Acciaierie d’Italia”.
“Ritorno ancora sulla la questione Taranto e sulla necessità della Valutazione integrata del danno sanitario preventiva a garanzia della salute dei cittadini – ha sostenuto l’arcivescovo, che presiede anche la commissione Cei problemi del lavoro – È interesse prioritario sapere se e quanto i singoli inquinanti cancerogeni possano nuocere alla salute e all’ambiente a prescindere dei singoli limiti di legge”.
“E ritorno pure – ha aggiunto Santoro – sulla necessità di dare continuità ai percorsi intrapresi senza che, ad ogni cambio di governo, si riparta da zero come in un tragico gioco dell’oca. Ad esempio: per Taranto c’è un piano per la bonifica del Mare Piccolo, che ne è stato? Come mai si è fermato tutto?”.
“Sono il vescovo di Taranto – ha dichiarato Santoro – condividiamo con la Terra dei Fuochi la situazione drammatica che mette a repentaglio la salute, la vita e la dignità delle persone, in nome dell’ottimizzazione dei profitti e ignorando la difesa della vita e dell’ambiente”. “Rinnovo – ha affermato ancora – l’autorevole l’appello alla politica per l’attuazione di provvedimenti che garantiscano una continuità delle bonifiche e la definitiva attuazione della decarbonizzazione dello stabilimento in dialogo con le istituzioni locali e le forze vive del territorio”.
“Non è possibile che ogni cambio di governo si ricominci daccapo – ha aggiunto – Servono risposte serie e urgenti alle problematiche ambientali, nella Terra dei Fuochi come a Taranto, come nel Centro Italia e nella Pianura Padana mentre c’è, purtroppo, una sottovalutazione di queste problematiche”. “E questo è grave: se non si cambia rotta, nel 2050 i problemi saranno enormi e nel 2100 irrecuperabili”, ha concluso Santoro.