Mosse e contromosse. E il caso Ilva-Riva resta aperto, mentre oggi il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando incontra il commissario Ue Janez Potconik per provare ad evitare l’apertura di una procedura di infrazione per i mancati controlli ambientali a Taranto, annunciata per domani.
E mentre Bruxelles sta per far sentire la sua voce, tra Roma e Taranto il ‘duello’ non è più un’esibizione muscolare, ma una sfida a colpi di fioretto. Ieri, in mattinata, come riportato da Taranto Buonasera, il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, ha annunciato il decreto che estende il commissariamento, ed i poteri quindi di Enrico Bondi, a tutta la galassia dell’acciaio. Un provvedimento dato come imminente, poi slittato a venerdì.
Ma nel pomeriggio, mentre il premier Letta frenava (“me ne occuperò io”) arrivava la risposta, indiretta, del gip Patrizia Todisco.
Nessun blocco di beni e titoli, specifica il giudice, i 56 milioni di euro sequestrati ed oggetto del contendere, non vanno nel fondo unico di giustizia. Cadrebbe, in questo modo, il requisito di necessità ed urgenza che sempre deve accompagnare un decreto legge, perchè al Gruppo Riva “non è stata posta alcuna preclusione all’uso dei beni da parte del soggetto proprietario”.
“Ogni altro rapporto bancario e finanziario” aggiunge la Procura, non può “affluire al fondo unico di giustizia se non in occasione dell’eventuale liquidazione”, perchè si tratta di beni “destinati all’esercizio delle attività di impresa, già svolta e proseguita dall’amministratore giudiziario”. Eccola, la mossa dei magistrati. Per Procura e gip denaro e titoli possono essere utilizzati, ma dal custode Mario Tagarelli, nominato dalla Todisco, e non da Enrico Bondi, come vorrebbe l’esecutivo (e lo stesso commissario dell’Ilva). Non una differenza da poco, anzi il vero nocciolo della questione. Che non è affatto chiusa.