Cementir, la multinazionale italiana che produce e distribuisce cemento e calcestruzzo, annuncia 106 tagli, di cui 47 a Taranto.
“La notizia dei licenziamenti – dicono i sindacati confederali – arriva alla vigilia della scadenza dell’accordo sui contratti di solidarietà sottoscritto il 14 settembre 2015. Tra gli impegni assunti da Cementir, un anno fa, con le organizzazioni sindacali c’era non solo la presentazione del piano di investimento per lo stabilimento di Taranto per il 2016, ma anche la possibilità di rinnovare il contratto di solidarietà, in virtù della proroga della concessione d’uso del quarto sporgente e della calata numero 4 da parte dell’Autorità portuale”. E’ quanto riportato dal Sole 24 Ore e ripreso in un comunicato dello Slai Cobas locale.
“Il sindacato di base aveva denunciato da tempo la situazione – si legge nella nota – ma Cgil, Cisl e Uil hanno voluto credere alle falsità dell’azienda. Mentre Cgil, Cisl e Uil firmavano cassa integrazione e poi contratti di solidarietà che avrebbero inevitabilmente portato ai licenziamenti, gli operai Cobas denunciavano la legittimità della cigs, quando il gruppo Caltagirone, proprietario dell’azienda, dichiarava degli utili sempre maggiori. Denunciavano – prosegue il comunicato – che in realtà la Cementir puntava sull’estero per fare più profitti, ridimensionando o pensando di chiudere gli impianti italiani. Denunciavano come gli interventi di ristrutturazione, per cui l’azienda otteneva la cassa integrazione, non erano stati effettuati, poiché l’intenzione era quella di dichiarare esuberi, cambiando in corso d’opera la motivazione della richiesta di cigs. Mentre c’era la cassintegrazione, gli operai denunciavano lavorazioni date in appalto, che potevano invece essere affidate agli stessi operai Cementir”.
Situazione critica anche per le aziende dell’indotto Ilva. Renato Perrini, consigliere regionale CoR, lancia l’allarme: “Ancora ritardi nei pagamenti per queste ditte. In queste ore sto ascoltando i titolari delle aziende dell’appalto, molti dei quali attendono ancora di ricevere il saldo finale delle fatture del 2014, quando l’Ilva entrò in amministrazione straordinaria. Non solo hanno già subìto questo schiaffo, ma oggi gli accordi presi per superare la crisi, ovvero portare in maniera categorica i termini di pagamento a 30 giorni, vengono costantemente disattesi. La situazione rischia di precipitare e si sta nuovamente creando un clima pesante e difficile da gestire. A farne le spese non sono soltanto i titolari delle ditte, ma anche gli operai”.