Vincenzo Pastore è stato rieletto sindaco di Roccaforzata alle elezioni amministrative del 5 giugno scorso. Con 666 voti era riuscito a battere i suoi due avversari Roberto Iacca e Angelo Ciro Spinelli.
Pastore è alla guida di Roccaforzata da una vita. Di fatto, un monarca. Prima di questa elezione era infatti stato sindaco altre due volte, un doppio mandato dal 2001 al 2011, prima di cedere il passo – perché non poteva più candidarsi come primo cittadino – alla sua fedelisisma Maria Giovanna Iacca. Anche con il nuovo sindaco, però, Vincenzo Pastore era riuscito a ritagliarsi un ruolo di primissimo piano, questa volta come vicesindaco. Scaduto il mandato della Iacca e superato quindi il limite della non candidabilità dopo due mandati consecutivi, ecco che Vincenzo Pastore era tornato alla carica più ambita. Pastore ha un passato anche come assessore nella giunta di Rossana Di Bello, al Comune di Taranto. Nel secondo mandato, dal 2005 al 2006, fino alle dimissioni della stessa Di Bello. Nello stesso periodo era contestualmente sindaco di Roccaforzata. Un caso che aveva sollevato qualche dubbio sulla compatibilità dei due incarichi. Con Vincenzo Pastore era stato protagonista negli anni della Di Bello anche il figlio Pietro, presidente del consiglio comunale nello stesso arco di tempo in cui il papà era assessore.
A Vincenzo Pastore è legato anche un episodio cruciale nella storia di Taranto. Una storia tragica e sanguinosa, perché proprio una estorsione da lui subita come imprenditore fu la causa scatenante della terribile guerra di mala del 1989- ’91. La guerra che vide opposto il clan dei fratelli Riccardo, Gianfranco e Claudio Modeo al clan dell’altro fratello, Antonio Modeo, detto il Messicano, alleato di Orlando D’Oronzo e di Salvatore De Vitis. La guerra di mala e i dissidi all’interno della famiglia Modeo maturarono proprio per la gestione delle estorsioni.
Vincenzo Pastore, titolare di una impresa che aveva l’appalto del servizio di pulizie al Tribunale, era una vittima di questo sistema. A lui era stato intimato di pagare un pizzo da un miliardo di lire. La storia è ben raccontata non solo negli atti giudiziari, ma anche nel libro “Taranto tra pistole e ciminiere”, dell’allora pubblico ministero Nicolangelo Ghizzardi, oggi Procuratore aggiunto alla Procura della Repubblica di Brindisi. In quegli anni a riscuotere le tangenti erano Orlando D’Oronzo e Salvatore De Vitis. Pastore però si rivolse a Marino Pulito, boss di Pulsano, chiedendogli di intercedere presso Riccardo Modeo e ottenere così uno sconto. La mediazione di Pulito giunse a buon fine e la cifra del pizzo fu tagliata da un miliardo a cento milioni di lire. De Vitis e D’Oronzo tuttavia non accolsero di buon grado l’intervento di Marino Pulito e di Riccardo Modeo. Questa intromissione fu da loro percepita come ingerenza nei loro affari. Da qui la frattura con Riccardo, Gianfranco e Claudio Modeo e l’avvicinamento ad Antonio il Messicano.
L’episodio dell’estorsione con lo sconto a Pastore non rimase impunito e a farne le spese fu Costantino Turco, sodale dei tre fratelli Modeo, freddato nella sua Torricella il 6 luglio 1989: è l’inizio della tragica guerra di mala, virtualmente chiusa due anni più tardi con la strage della barberia, in Città Vecchia. Una guerra che trascinò con sé una scia di sangue lunga 160 morti.
Enzo Ferrari
Direttore responsabile