Nel giro di una settimana le Forze dell’Ordine hanno lanciato un segnale chiaro e forte alla città: lo Stato c’è.
Le raffiche di arresti hanno mandato al tappeto alcune tra le più pericolose famiglie criminali che avevano messo le mani su gran parte del territorio comunale. Un plauso, senza se e senza ma, va quindi tributato a Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri. In pochi giorni hanno restituito ai tarantini quella fiducia che si era pericolosamente smarrita negli ultimi mesi, come si era smarrita quella percezione di sicurezza ritrovata grazie agli ultimi importanti blitz antimafia. Ora bisogna continuare a mantenere alta la guardia, soprattutto rispetto a certe contiguità tra malavita e zone grigie della politica.
Proprio in alcune tra le più importanti inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia non sono infatti sfuggite certe relazioni – a cui anche la politica meno grigia sembra restare indifferente – tra alcuni eletti nei consessi istituzionali e ambienti in odore di malavita. In ogni caso, quelli pervenuti nelle ultime settimane sono segnali importanti, perché da troppo tempo le strade di Taranto sembravano sottratte alla legalità. Certo, va fatta una distinzione tra criminalità organizzata e quelle forme di illegalità più spicciola e diffusa ma non meno pervasiva e pericolosa come quella, ad esempio, dei tanti abusivi per troppo tempo colpevolmente tollerati in nome di una concezione distorta della solidarietà.
Ma se si vuole risalire la china non si può prescindere da un ripristino delle regole ad ogni livello. Se dunque le Forze dell’Ordine si sono riproposte come incoraggiante argine al malaffare, tocca alla politica provare a disegnare un futuro per la città, perché senza una via di sviluppo a trionfare non può che essere il degrado economico e sociale e in un simile contesto è più facile per la criminalità fare proseliti e porsi – come è stato scritto dai magistrati dell’antimafia – come vera e propria istituzione parastatale. Quello dello sviluppo da progettare è un discorso che coinvolge la complessa vicenda Ilva e va molto oltre i poteri oggettivi e le capacità soggettive finora dimostrate dalla classe dirigente tarantina; ciononostante, resta doveroso pretendere dalla politica, quella locale innanzitutto, prova di serietà del suo agire e di rispetto per i cittadini.
Episodi sciagurati, certamente marginali ma comunque significativi, come quello del banner “Benvenuti a Taranto”, vanno in direzione esattamente contraria. In quel concorso c’è tutta la sciatteria, la miseria culturale e l’azione diseducativa di chi amministra il denaro pubblico ed avrebbe il dovere di indicare quell’auspicato percorso di crescita della città. Quell’inguacchio imbarazzante, affidato al giudizio di quattro dipendenti comunali evidentemente del tutto a digiuno di competenze in materia, è servito solo a regalare mille euro all’autrice del banner dichiarato vincitore, cinquecento al secondo, trecento al terzo e cento euro ciascuno dal quarto al decimo classificato.
Non è tanto la somma spesa per questa pacchianata a destare scandalo, ma il messaggio negativo che viene lanciato con una operazione così scadente sotto il profilo della qualità. Premiare tanta pochezza è il modo migliore per scoraggiare le persone più preparate, gli studenti più brillanti, i giovani più creativi a dare il proprio contributo all’evoluzione culturale della città. Così non si fa marketing e non si fa cultura, ma si galleggia in quella insulsa brodaglia di mediocrità che aumenta la distanza dei cittadini dalle istituzioni e ne amplifica la sfiducia. Esattamente l’opposto di ciò che servirebbe ad una città che invece ha un disperato bisogno di ritrovare fiducia nelle istituzioni e percorsi culturali di crescita per evitare certi pericolosi salti nel buio che si vanno stagliando all’orizzonte.
Enzo Ferrari
Direttore Responsabile