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Il San Marzano di nuovo a rischio. Produzione è ok, ma si teme la chiusura

C’erano i bei tempi in cui l’elisir San Marzano spopolava in Italia. I famosi spot sulle note di Miguel Bosè e i circa quaranta dipendenti degli anni ‘80, erano l’emblema di una produzione tarantina di successo.

Un’ascesa che sembrava irresistibile, cominciata con il trasferimento degli impianti, nel 1964, da San Marzano allo stabilimento sulla strada per Martina Franca. Poi gli anni difficili, quelli del nuovo millennio, con le chisure e le riprese produttive a singhiozzo passate attraverso le suggestioni di D’Addario e la parentesi di Ghirardini. Il liquore prodotto da una ricetta gelosamente custodita dal capostipite Giuseppe Borsci, che nel 1840 diede vita alla produzione del famoso elisir orientale tramandato dagli avi albanesi, da un paio d’anni è tornato nelle case dei tarantini, dopo che il produttore calabrese Caffo (suo è l’Amaro del Capo) ha rilevato in fitto dalla curatela fallimentare il ramo d’azienda per la sola produzione del San Marzano.

Oggi, però, si riaffaccia lo spettro di una nuova chiusura. Il 22 ottobre, infatti, scade la proroga concessa a Caffo per produrre il liquore. Da giorno 23 un enorme punto interrogativo si allunga sul destino dell’elisir e dei dieci dipendenti che mandano avanti la produzione. All’attenzione della curatela fallimentare della società della famiglia Borsci, ci sarebbero un paio di proposte d’acquisto (una riconducibile all’Amaro Lucano), oltre a quella dello stesso Caffo.

«Finora – spiega Antonio La Fortuna (Fai Cisl) a TarantoBuonasera – Caffo ha offerto garanzie produttive, ha investito e ha pagato gli stipendi. Il nostro timore è che eventuali nuovi compratori possano chiudere lo stabilimento, licenziare il personale e trasferire la produzione altrove». La produzione del 2016 si è attestata sui 2.400 quintali (otto cicli produttivi da 300 quintali l’uno); nel 2015 c’erano stati addirittura segnali di ripresa del mercato estero, con circa 500 quintali venduti sul mercato americano. Numeri che sembravano offire spiragli significativi per il futuro. Venerdì si è tenuta un’assemblea in fabbrica alla quale hanno preso parte, oltre a La Fortuna, anche Antonio Trenta (Uila Uil) e Sante Bernalda (Flai Cgil). «Da parte della curatela – afferma Trenta – almeno fino ad oggi non è arrivato alcun segnale rassicurante. Restando così le cose, se il gruppo Caffo non otterrà un’ulteriore proroga o, meglio, l’assegnazione definitiva, dopo la fatidica data del 22 ottobre, inevitabilmente la produzione sarà interrotta e tutti i dipendenti attualmente in forza saranno mandati a casa. Il rischio è molto elevato perché delle due proposte che sono tuttora in corsa per l’assegnazione definitiva, solo il gruppo Caffo ci ha garantito, ad oggi, che la produzione, in caso di assegnazione definitiva, resterà a Taranto prevedendo inoltre un’implementazione e diversificazione delle produzioni con aumento dell’organico».

Lunedì alle 10,30 è previsto un vertice in Provincia con il presidente Martino Tamburrano.

Enzo Ferrari
Direttore Responsabile