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«All’Hotspot diritti calpestati»

TARANTO – «Così avevamo ragione: il sistema hotspot calpesta i diritti umani dei migranti»
L’associazione Babele chiede chiarezza dopo la pubblicazione del rapporto di Amnesty International e la relazione di minoranza della commissione di inchiesta parlamentare sugli hotspot. «Ciò che da un anno a questa parte continuamente denunciamo ora è certificato anche da una autorevole organizzazione internazionale e dalla relazione di minoranza della commissione parlamentare di inchiesta. L’approccio hotspot – dicono da Babela – viola i diritti umani di migranti e rifugiati. È la sostanza del documento “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti” pubblicato qualche giorno fa dall’autorevole organizzazione non governativa Amnesty International a svelare dettagli inquietanti, su cui chiediamo che si faccia immediata chiarezza. Dalla lettura del documento si scopre – per esempio – che le pressioni dell’Unione europea affinché l’Italia usi la “mano dura” hanno dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti al limite delle torture. Lo stesso rapporto ha rivelato, così, che proprio il cosiddetto “approccio hotspot” promosso dall’Unione europea per identificare migranti e rifugiati al momento dell’arrivo, ha compromesso il loro diritto a chiedere asilo. Non solo. Si parla di numerosi, gravi episodi di violenza, con l’uso di pestaggi, bastoni elettrici e umiliazioni sessuali che sarebbero stati commessi da alcuni poliziotti in servizio presso diverse questure italiane; dell’attuazione, cioè, di misure coercitive vicine alla tortura per costringere (le persone che non vogliono farlo) a fornire le loro impronte digitali. Si fa riferimento ad un modo di agire che è diventato man mano la regola, “dell’uso continuo della detenzione prolungata e della forza fisica” si legge ancora nel rapporto che è una denuncia coraggiosa pubblicata da Amnesty e che ha il merito di analizzare nel dettaglio un sistema che appare sempre più folle, qual è appunto l’approccio hotspot.  
Convinti che – come la stessa organizzazione internazionale ha riferito pubblicamente: “nonostante non ci siano dubbi che la maggior parte degli agenti di polizia abbia continuato a fare il proprio lavoro in modo impeccabile” tuttavia: “le testimonianze raccolte indicano che alcuni hanno fatto uso eccessivo della forza e ricorso a trattamenti crudeli, disumani o degradanti”. In questo scenario dunque, in cui rifugiati e migranti che non volevano dare le impronte digitali hanno subito detenzioni arbitrarie e maltrattamenti da parte della polizia, come ente di tutela di rifugiati e richiedenti asilo, non possiamo che chiedere trasparenza. Che venga fatta chiarezza, cioè, dal Ministero degli Interni».