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Perchè Taranto non è come Roma

«Cosa ci dice l’importante ed autorevole studio di biomonitoraggio e tossicità degli inquinanti presenti nel territorio di Taranto realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Asl di Taranto e dall’Università degli Studi di Brescia? Che un’altra Taranto è possibile.

Perchè pur restando invariata la vetustà degli impianti industriali, la diminuzione della produzione abbassa l’inquinamento». Così il presidente dell’Ordine dei Medici di Taranto, Cosimo Nume, ha introdotto la conferenza in cui sono state avanzate alcune osservazioni sullo studio stesso. Alla conferenza ha preso parte anche il dottor Emanuele Vinci, presidente della commissione Ambiente della Federazione nazionale e presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Brindisi, il quale ha sottolineato l’esigenza di “superare” i concetti di Aia, autorizzazione integrata ambientale, e Via, valutazione d’impatto ambientale, chiedendo che le procedure autorizzative per impianti come l’Ilva di Taranto o l’Enel di Brindisi debbano sottostare alla Vis, Valutazione d’impatto sanitario.

Uno «strumento di partecipazione dei cittadini», perchè «il diritto alla salute è un diritto di democrazia». Quindi, ad entrare nel vivo del discorso è stata Annamaria Moschetti, presidente della commissione Ambiente dell’Ordine di Taranto. «L’Istituto Superiore di Sanità non dice che la situazione di Taranto è uguale, o addirittura migliore, di quella di Roma» ha dichiarato la dottoressa Moschetti. «Anche considerando la stessa genotossicità, c’è la questione della quantità delle polveri in aria e della concentrazione di vari fattori inquinanti. Nello studio, condotto in vitro con metodi sperimentali, non viene considerato ad esempio il benzoapirene. A Roma non ci sono i wind days, non ci si deve chiudere in casa quando c’è vento; a Roma non c’è il rischio dell’esposizione aerea ma anche per contatto agli agenti inquinanti. Gli stessi autori della ricerca parlano di “risultati non conclusivi e rappresentativi dei periodi in cui sono stati effettuati i campionamenti». Un fattore determinante, visto che la situazione tarantina è in evoluzione, collegata alla produzione industriale. E, se lo studio ha altri due limiti di fondo, cioè la “bassa numerosità campionaria” (pochi i casa analizzati) e la mancanza dell’individuazione di un rapporto causa-effetto sulle problematiche evidenziate, Moschetti rileva come dal report arrivino conferme a quanto i medici di Taranto da tempo sottolineano. Sull’endometriosi, ad esempio, la tesi della dottoressa Ciura FOTO STUDIO RENATO INGENITO con un campione significativo (645 donne) evidenziava una presenza di casi in provincia dove maggiormente i venti trasportano le polveri industriali. Ma è in merito ai ritardi neurologici, intellettivi e dell’apprendimento nei piccoli tarantini che la ricerca dell’Iss ha fornito nuova luce «a quanto già nel 2010 dicevamo: il rischio di diminuzione del quoziente intellettivo a causa del piombo, evidenziato nelle urine dei tarantini.

Questa è la cronaca di una morte annunciata» ha dichiarato la dottoressa Moschetti, ricordando quelle accuse di ‘allarmismo’ che lo studio Iss, di fatto, smentisce. «Il piombo non ha limiti accettabili: un proiettile non è diverso da una sventagliata di mitra. Oltretutto, aumenta la sua tossicità se sommato ad altri metalli; piombo, diossine, Ipa agiscono sinergicamente». Nella ricerca si legge che “il 15% di potenziali diagnosi cliniche osservato nel campione esaminato, basato per definizione su soggetti supposti sani, indica l’opportunità di ulteriori approfondimenti diagnostici ed epidemiologici. I disturbi osservati sono maggiormente evidenti nelle aree in prossimità delle emissioni industriali considerate ed in funzione inversa rispetto alla distanza dalle sorgenti, calcolata in riferimento ai camini di emissione dell’Ilva, nelle cui adiacenze insistono anche una raffineria ed un cementificio”.