Qualcuno resiste, sotto l’ombrello di una catena multinazionale o grazie all’impegno di chi crede in una futuribile riconversione turistica della città. Altri si sono già “riconvertiti”: il Bel Sit, ad esempio, è oggi una delle strutture che ospitano i migranti.
Ma quella degli alberghi a Taranto e nell’hinterland ha davvero i contorni della mattanza silenziosa. Una serie di chiusure o dismissioni che raccontano forse meglio di ogni altra cosa non solo il progressivo isolamento della città, ma anche il declino di quell’economia che negli anni ruggenti dell’acciaio di Stato aveva reso la seconda città della Puglia una degna rivale di Bari o Napoli. Basti pensare all’Appia Palace Hotel, quattrostelle alle porte di Massafra che ha ospitato dirigenti Italsider in visita allo stabilimento ionico, ma anche convegni, congressi, oltre a ricevimenti o ricorrenze di tantissime famiglie tarantine.
Oggi quella grande struttura è chiusa: rappresentazione plastica di un territorio che ha perso, oltre a una fetta consistente di reddito, anche una parte della propria identità. Hanno vissuto stagioni di successo gli storici President e Principe; ma anche piccole realtà, come il Taras di via Falanto, ai tempi del servizio militare obbligatorio riuscivano a ritagliarsi spazi e clientela. Era un’altra Taranto.