Nel contratto con la
Lega per il governo “c’è scritto chiaramente
che si lavorerà per la chiusura
dell’Ilva”.
Sul blog delle stelle
il post del chiarimento è indicativo
già dal titolo: “L’era delle grandi
opere inutili è finita” a fi rma Movimento
5 Stelle. Come scrive Askanews,
il “chiarimento” ha provocato
la dura presa di posizione della Cisl
e della Fim e di esponenti di spicco
di Forza Italia. Il ministro dello
sviluppo economico Carlo Calenda
si è detto disponibile a riaprire con
urgenza un tavolo. In un comunicato
congiunto con la vice ministro
Bellanova ha detto di sperare che
“le sigle sindacali che auspicavano
la chiusura dell’accordo con il nuovo
Governo capiscano che questa
strada è chiusa. Siamo disponibili a
convocare immediatamente il tavolo
con azienda e sindacati per chiudere
l’accordo ed evitare la più grossa
deindustrializzazione del Sud degli
ultimi decenni”.
“Chiudere l’Ilva significherebbe
mettere in ginocchio l’economia
della citta’ di Taranto – ha affermato
la segretaria generale della Cisl
Anna Maria Furlan – e perdere un
ruolo strategico e di qualita’ nella
produzione di acciaio del nostro paese.
Bisogna trovare una strada per
salvaguardare l’occupazione ed il risanamento
ambientale, che e’ quello
che chiedono tanti lavoratori e tanti
cittadini di Taranto”.
Il segretario generale della Fim-Cisl,
Marco Bentivogli, promette che
“non staremo fermi”. “La chiusura
è dannosa per ambiente, è appena
all’inizio la copertura dei parchi e rischia
di essere una Bagnoli2, l’occupazione
e l’economia manifatturiera
italiana. Sia chiaro, – aggiunge – non
cederemo mai alle intimidazioni
dello squadrismo che in queste ore a
Taranto impedisce la piena agibilità
democratica. E sia altrettanto chiaro,
non staremo con le mani in mano, se
si vuole lasciare i lavoratori a casa
e la città vittima di una scelta ambientale
dannosa, non staremo fermi
e daremo vita alla mobilitazione totale”.
Il dossier Ilva dopo la rottura
al Mise sulla proposta avanzata da
Calenda, prevede in agenda un incontro
tra Arcelor Mittal e sindacati
ma la strada è in salita. Tra l’altro
il negoziato a livello aziendale non
potrebbe contare su risorse per circa
200 milioni che aveva assicurato il
governo per gli incentivi all’esodo,
accompagnati dalla cassa integrazione.
Dal resto del panorama sindacale,
al momento nessuna reazione.
Ieri il segretario generale della Uil
Genova Antonio Papa si è era espresso
contro il contratto di governo tra
Lega e M5S sul capitolo dedicato
all’Ilva. Sul versante politico critiche
al M5S arrivano da Forza Italia.
Il presidente dei deputati Mariastella
Gelmini sottolinea che “sta per nascere,
a trazione grillina, il governo
dei ‘no’. ‘No’ alla Tav, ‘no’ all’Ilva,
‘no’ a politiche differenziate e più
incisive per il Mezzogiorno, ‘no’ a
una chiara indicazione dei rapporti
costi-benefici di ogni singola proposta
programmatica del ‘contratto’.
Insomma, siamo alla vigilia di una
grande incognita che al momento
destabilizza i mercati e fa storcere
il naso ai nostri partner europei”.
Il governatore della Liguria Toti si
appella a Matteo Salvini. “Chiedo
all’amico Salvini, oggi in procinto di
varare un Governo con il Movimento
5 Stelle, di difendere quel modello
di crescita e di sviluppo che abbiamo
immaginato e costruito insieme
in molte campagne elettorali, a partire
proprio dalla Liguria. Bloccare
grandi opere e chiudere Ilva signi-
fi ca condannare l’Italia ad un futuro
di decrescita (non felice) e marginalità
in Europa”.
Resta da capire come si muoverà
la Lega, partner del M5s, sul tema.
Edoardo Rixi, scrive il Corriere
della Sera, ha dichiarato: «Nel contratto
si parla di ambientalizzazione
dell’Ilva che signifi ca rendere gli
impianti non inquinanti. Bisognerà
sì ridurre l’impianto ambientale. Ma
detto questo siamo un Paese evoluto
che non si può certo fermare». Gli fa
eco un alto dirigente del Carroccio:
«Tutti siamo d’accordo che la gente
non debba morire per le emissioni
dell’Ilva. Ma da qui a dire che si
debbano chiudere le acciaierie ce ne
passa». E a sera l’indiscrezione che
fi ltra fra le truppe di Salvini è che
«l’uscita di Di Maio sia stata più un
chiarimento verso i No Tav perché
ha ricevuto molte pressioni da quei
mondi».