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​Black Axe: l’ombra della mafia nigeriana sulla prostituzione​

A Taranto non si erano
mai verificati episodi particolarmente
gravi in merito alla crescente presenza
di immigrati africani sino alla brutale
aggressione subita da un’agente della
Polfer alla stazione F.S. ad opera di un
nigeriano, il quale ha tentato di strangolare
il malcapitato agente, prontamente
soccorso dai suoi stessi colleghi.

Anche
dopo il suo arresto, l’uomo ha continuato
a creare problemi al personale dell’istituto
di pena tarantino.
Questo episodio, tutto sommato marginale,
può però esserci utile per far uscire
dal cono d’ombra un problema ben più
rilevante. Il vero problema, infatti, è che
cominciano ad esserci evidenti segni di
penetrazione nella provincia di Taranto
della temibile e spietata criminalità
organizzata nigeriana.
La mafia nigeriana, nota a livello internazionale
con il nome “Black Axe” cioè
“ascia nera “, è sbarcata a Taranto.

Sono
almeno venti anni che la più pericolosa
criminalità di origine africana ha messo
radici in varie parti d’Italia, comprese
zone tradizionalmente governate dalle
mafie italiane quali Sicilia e Campania.
Una lunga fetta di lungomare domiziano,
nel tratto di Caserta, da anni è area di
spaccio di droga, prostituzione, vendita
di merci contraffatte, caporalato
di africani, elemosina, il tutto gestito
in piena autonomia dalla “Black Axe“
(ascia nera ).
Terribile fu la strage di sei africani,
innocenti, avvenuta in Campania per
volere del boss dei casalesi Giuseppe
Setola, ordinata per punire la ribellione
degli africani, i quali non volevano più
pagare il “tributo” imposto loro dai
clan casertani.

Ancora più recente è la
intercettazione nel carcere Ucciardone
di Palermo, del dialogo tra due boss detenuti
appartenenti alla mafia siciliana.
I due vengono colti a parlare proprio
dei nigeriani e della presenza forte nel
mercato palermitano del quartiere Ballarò,
tradizionale roccaforte mafiosa. Il
succo della conversazione è che non c’è
da scherzare con i nigeriani e che sono
temibili avversari negli affari sinora
gestiti dai siciliani.
Molti sono portati a sottovalutare il
fenomeno “Black Axe” che rappresenta
una criminalità estremamente sofisticata,
con un piede nelle più arcaiche
tradizioni africane, come il “vodoo”,
e l’altro nelle più moderne tecniche
informatiche.
Pochi sanno che una delle truffe informatiche
in grande stile, il cosiddetto
“phishing”, è stato inventato proprio dai
nigeriani.

Nella capitale della Nigeria,
Lagos, vi sono ampie stanze con decine
di ragazzi davanti ad un computer, il cui
compito è inviare e-mail truffaldine in
giro per il mondo e coltivare gli eventuali
rapporti che nascono con i futuri
soggetti truffati. La quantità di denaro
drenata ogni anno da molto tempo, lascia
ancora oggi stupefatti, soprattutto
nei paesi di lingua inglese. Quest’ultimo
è un tipo di reato poco denunciato, in
quanto le vittime tendono a nascondere
la truffa subita, a causa della vergogna.
Ai reati di tipo informatico con base in
Nigeria va affiancata la grande espansione
in tutti i paesi occidentali, dovuta
alla massiccia emigrazione degli ultimi
decenni. Queste considerazioni servono
a capire che il problema è piuttosto serio.
Il primo segnale dell’arrivo della “Black
Axe” in un luogo è sempre la prostituzione
di ragazze di colore.

Ognuno può
facilmente accorgersi della loro esistenza
percorrendo la strada interna che
collega Taranto a San Giorgio Jonico, e
sulla Circummarpiccolo, dove si trovano
ragazze africane e non è un fenomeno
spontaneo, ma sempre gestito.
In genere chi gestisce queste ragazze
sono sempre delle donne, le cosiddette
“maman”, le quali, oltre alla violenza per
tenere in riga le eventuali ribelli, utilizzano
anche i riti “ voodoo”, in quanto
i nigeriani hanno una forte credenza in
questa tipica religione dell’ Africa nera
e della zona caraibica, e le stesse ragazze
sono portate a cessare ogni ribellione
se sanno di essere state colpite da riti
malefici, soprattutto le più giovani da
poco arrivate nel laico occidente.

Ogni
mattina un numeroso gruppo di queste
ragazze nigeriane arrivano da Bari in
autobus o in treno e vengono accompagnate
in taxi sul luogo di lavoro e
nella serata vengono riportate al porto
mercantile a prendere l’autobus per Bari.
Il giro della prostituzione viene gestito
a Bari, dove da anni opera una folta
comunità nigeriana, la base pugliese
della Black Axe.
Il secondo racket oramai diffuso nella
provincia di Taranto è quello della elemosina.
Ognuno dei ragazzi africani
che vediamo all’uscita dei supermercati
o esercizi commerciali vari è tenuto a
versare una quota del ricavato alla organizzazione.
I ricavi di questa attività
non sono bassi, ma al contrario, molto
elevati, per cui anche il piccolo gesto di
solidarietà quotidiana verso chi consideriamo
meno fortunato, diviene occasione
di lauto guadagno per l’organizzazione.
Poi il mercato delle merci contraffatte.

Quello che a Taranto non si è ancora
verificato sono i casi di spaccio di droga
gestito da africani, fenomeno delinquenziale
già molto radicato soprattutto nel
nord Italia.
A Taranto sembra non esistere più come
un tempo una criminalità forte e pervasiva
come quella di altre città pugliesi,
– basti pensare all’attuale situazione di
Foggia e provincia – ma questo potrebbe
paradossalmente rivelarsi un boomerang
nel senso che dove c’è un vuoto
di potere criminale, qualcuno è pronto
ad inserirsi. Provare ad accaparrarsi il
mercato della droga sarebbe uno sbocco
naturale per la mafia nigeriana come già
accaduto a Torino, Milano, Bologna,
Padova, Firenze. La speranza è che le
autorità preposte prendano pienamente
coscienza di questo pericolo ed agiscano
in prevenzione anziché in repressione
quando il danno sarà già compiuto.

David Marchese

Ricercatore dei fenomeni criminali