Mario Reale è stato ammazzato
nell’ambito di una guerra tra bande rivali che si
contendevano il predominio nell’attività di spaccio
nel quartiere Paolo VI.
Ieri il blitz dei
poliziotti della Squadra Mobile che ha spedito sei
persone in carcere e una ai “domiciliari”. Sono
stati arrestati Giovanni Lupoli, Pasquale Lippo,
e Nicola Galeanno, accusati di omicidio preeditato,
sequestro di persona, lesioni personali, detenzione
e porto abusivo di armi e detenzione e
spaccio di stupefacenti; Vincenzo e Giuseppe
Scarcia rispondono di detenzione e porto abusivo
di armi e danneggiamento; Angelo Piemonte
risponde di detenzione ai fini di spaccio di droga;
Michele Martera, che è agli arresti domiciliari,
risponde di furto aggravato.
I provvedimenti
emessi dal gip Martino Rosati, su richiesta del
sostituto procuratore Giorgia Villa, sono stati
eseguiti dagli agenti della Squadra Mobile diretti
da Carlo Pagano. Le indagini hanno preso
avvio dopo l’omicidio di Mario Reale avvenuto
la sera del 25 maggio del 2016. L’agguato mortale
intorno alle 20, all’interno del negozio di
detersivi e di prodotti per l’igiene della persona
denominato “Bolle di sapone” situato nel quartiere
“Tamburi” e gestito dalla convivente della
vittima. A rimanere ferito anche il figlio di Reale,
il quale insieme ad altri testimoni oculari aveva
subito riferito che ad agire erano state due persone,
entrambe armate di pistola e col volto coperto
da passamontagna.
Contro Mario Reale furono
esplosi, con due differenti pistole (una calibro
7.65 ed una calibro 9), undici colpi, alcuni dei
quali lo centrarono al torace. L’analisi dei filmati
di alcuni impianti di videosorveglianza situati
lungo il percorso di fuga seguito dagli assassini
ha consentito di accertare che i sicari erano fuggiti
a bordo di una Ford C-Max di colore grigio.
Grazie alle intercettazioni gli investigatori della
questura hanno indirizzato le indagini verso
uno dei possibili autori, già all’epoca dei fatti
sottoposto alla detenzione domiciliare.
Al di là
dei riferimenti fatti nei confronti dell’uomo dai
parenti della vittima e da altre persone (seppure
dietro l’anonimato), a fornire elementi di accusa
sono stati i contenuti delle intercettazioni dei colloqui
tenuti in carcere da un altro degli odierni
arrestati (all’epoca dei fatti vicino di casa del
principale sospettato), a distanza di qualche mese
sorpreso in possesso di un vero e proprio arsenale
custodito all’interno della sua abitazione sita in
questa via P. Nenni (fra cui una pistola calibro
9 con matricola abrasa, numerosissime cartucce
per pistola e fucile, un fucile a canne mozze, detonatori,
micce e giubbotti antiproiettili).Secondo
l’accusa quest’ultimo avrebbe custodito le armi
per conto del primo.
La analisi del traffico dei
cellulari ha consentito agli investigatori di individuare
colui il quale si è poi rivelato essere il
secondo autore dell’omicidio, persona legata al
primo da un vincolo di parentela, essendo cugino
della moglie. I telefonini di entrambi hanno
fatto registrare un intenso traffico, in particolare
il giorno prima e il giorno dopo l’omicidio. L’auto
utilizzata dai due indagati, una “Ford C-Max”
di colore grigio chiaro è stata rinvenuta poche
ore dopo l’agguato lungo la “S.P. 130”, distrutta
dalle fiamme. Il luogo del rinvenimento, lontano
alcuni chilometri da Taranto, era vicino al quartiere
“Paolo VI”, lo stesso dove abitavano i due
principali sospettati. Inoltre, le successive indagini
hanno consentito di accertare che l’auto era
stata rubata il 7 maggio precedente a Grottaglie.
Le indagini hanno consentito di risalire all’autore
del furto (oggi destinatario della misura degli
arresti domiciliari), vale a dire Michele Martera,
ultrasessantenne che ha ammesso in una fase
successiva di conoscere almeno uno dei due sospettati
autori dell’omicidio. Gli approfondimenti
investigativi hanno dimostrato che l’uomo aveva
tenuto contatti telefonici con entrambi i killer e
tutti nei giorni immediatamente precedenti al
furto dell’auto, avvenuto il 7 maggio, tranne uno,
avvenuto pochi giorni prima l’omicidio di Reale.