Omicidio Reale e guerra tra
bande per il controllo sul traffico di droga: silenzio
degli indagati dinanzi al gip.
Scena muta di Pasquale Lippo, Giovanni Lupoli,
Nicola Galeanno e i fratelli Vincenzo
e Giuseppe Scarcia durante l’interrogatorio
del gip Martino Rosati.
Era presente anche il
sostituto procuratore Giorgia Villa. Si sono
quindi avvalsi della facoltà di non rispondere
gli indagati difesi dagli avvocati Gaetano Vitale,
Fabrizio Lamanna, Massimiliano Scavo,
Patrizia Boccuni e Giuseppe D’Ippolito.
Per l’omicidio di Mario Reale secondo l’accusa
i due presunti killer sono Pasquale Lippo
e Giovanni Lupoli. Intercettato in carcere
Nicola Galeanno il quale ha raccontato ad un
familiare i dettagli dell’agguato. Galeanno era
finito in cella perchè sorpreso in possesso di
un vero e proprio arsenale custodito all’interno
della sua abitazione.
L’uomo avrebbe custodito le armi per conto di
Pasquale Lippo. Mario Reale è stato ucciso la
sera del 25 maggio del 2016 per aver preteso
da uno dei suoi presunti assassini il pagamento
di un debito di 29.000 euro. Sin dal primo
momento le indagini si sono dirette verso Pasquale
Lippo.
Nemmeno una settimana dopo
l’agguato mortale, precisamente la mattina del
31 maggio, è giunta alla centrale operativa della
Questura una telefonata fatta da una cabina
pubblica in cui un anonimo interlocutore ha
fatto i nomi degli autori del delitto. E qualche
giorno dopo, il 5 giugno, è stato intercettato
un dialogo nella macchina di un parente
della vittima, durante il quale si parlava della
dinanica dell’omicido: “dieci colpi in petto
gli hanno sparato …e alle gambe… è entrato
il primo e gli ha sparato alle gambe e poi il
secondo, quando è entrato….è entrato con la 9
e bum bum bum, e l’ha “spricolato” proprio…
gli ha buttato 10 colpi in petto…”. Viene indicato
poi l’autore con il soprannome.
E per
gli inquirenti a togliere ogni residuoi dubbio
ci avrebbe pensato Galeanno, il quale, durante
alcuni suoi dialoghi in carcere parlando con
i compagni di cella ha menzionato lo stesso
soprannome.
Sullo sfondo, secondo l’accusa, l’egemonia
nello spaccio di droga nel quartiere Paolo VI
e la guerra tra il gruppo di Lippo e i fratelli
Scarcia.Tra gli inquietanti episodi quello legato
ad un attentato dinamitardo compiuto nella
notte tra il 7 e l’8 ottobre del 2016.
Salta in aria la Fiat 600 di proprietà di Vincenzo
Scarcia.
Nella stessa notte un colpo di
fucile viene esploso contro l’autovettura Renault
Modus di proprietà di Pasquale Lippo ,
parcheggiata in via Nenni. Sempre nell’ambito
della guerra tra i due gruppi un tentativo di
gambizzazione ai danni di uno degli indagati
(colui il quale aveva collocato l’esplosivo sotto
l’auto dei suoi rivali).
Dalle indagini emerge un’altra vicenda inquientante.
Si tratta della brutale aggressione
ai danni di un trentaquattrenne del quartiere
Paolo VI, con precedenti per reati in materia
di stupefacenti, il quale la sera del 26 agosto
del 2016 è stato sequestrato all’interno di una
abitazione e, sotto la minaccia di un fucile,
colpito sulla fronte col calcio di una pistola e
costretto ad ingoiare due cartucce, tutto per
imporgli l’acquisto di droga. Il ferito non aveva
presentato denuncia e si era recato al pronto
soccorso dell’ospedale “Moscati” riferendo ai
medici di essere caduto dalla moto.
In una intercettazione
in carcere Galeanno dice: “Gli
abbiano aperto la testa… abbiamo puntato il
fucile in bocca e s’ingoiò due pallottole… gli
aprì la testa, uno schifo, un macello combinò…
sangue, un macello, un bordello…sangue a
tutte parti…punti gli hanno fatto mettere, da
qua a qua…bam bam….”. A non essere stati denunciati
alle forze dell’ordine, nonostante siano
stati commessi in luoghi molto frequentati,
altri gravi episodi riconducibili ad una vera e
propria guerra tra bande rivali.