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​Il capitano coraggioso che smascherò Riina​

È uno dei tarantini caduti
sotto i colpi brutali della mafia. Il più famoso,
suo malgrado.

Emanuele Basile, tarantino
dei Tamburi, aveva assunto il comando
della Compagnia distaccata di Monreale, a
Palermo, nel 1977
Il capitano era stato mandato lì a coprire il
vuoto lasciato dal suo collega ufficiale Giuseppe
Russo, anche lui caduto per mano
di Cosa Nostra. Una lunga scia di sangue,
quella che lega gli ufficiali dell’Arma che si
sono succeduti a Monreale. Tre anni dopo
Basile, infatti, venne freddato anche il suo
successore, il capitano Mario D’Aleo. Insieme
a quest’ultimo furono assassinati i
carabinieri Giuseppe Bommarito e Pitero
Morizci.

Quest’ultimo era stato proprio
l’autista di Basile.
Il capitano Emanuele Basile fu ucciso nella
notte tra il 3 e il 4 maggio del 1980, mentre
rientrava a casa con la famiglia dopo i
festeggiamenti del Santissimo Crocifisso.
Mentre i killer gli scaricavano addosso sette
colpi di pistola, Basile aveva in braccio a
sé la figlioletta Barbara, di appena 4 anni,
rimasta miracolosamente illesa. Poco più
indietro era sua moglie Silvana.
Tra i primi a giungere nell’ospedale di
Palermo, dove i medici tentarono un disperato
intervento chirurgico per salvare
il povero carabiniere, fu Paolo Borsellino.
Proprio qualche settimana prima Basile
aveva consegnato a Borsellino la documentazione
raccolta nell’indagine che l’ufficiale
dell’Arma aveva svolto sull’uccisione di
Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile
di Palermo.

Una indagine complessa e pericolosissima,
compiuta seguendo le tracce
bancarie, grazie alla quale Basile aveva
scoperto gli interessi della mafia di Corleone
nel traffico di stupefacenti e gli intrecci
dei corleonesi con la cosca di Altofonte.
Basile era riuscito a far arrestare Antonio
Salamone e Bernando Brusca, del mandamento
di San Giuseppe Jato e a denunciare
altri sodali come Leoluca Bagarella, Antonino
Gioè, Antonino Marchese e Francesco
Di Carlo. Furono queste indagini a
decretare la morte del capitano Basile.
Ma chi furono assassini e mandanti dell’omicidio
Basile? Per stabilire verità e condanne
ci sono voluti sette travagliatissimi
processi. Il giovane carabiniere (non aveva
ancora compiuto 31 anni) fu assassinato da
Armando Bonanno, Vincenzo Puvccio e
Giovanni Madonia su ordine di Totò Riina,
Michele Greco e Francescio Madonia.
Ammise responsabilità nell’organizzazione
dell’omicidio anche Giovanni Brusca.

Nel 2013 al capitano Basile il Comune di
Monreale ha conferito la cittadinanza onoraria.
Due anni prima l’Università di Palermo
gli aveva conferito la laurea honoris
causa in Giurisprudenza. Nel 1982, Emanuele
Basile era stato insignito con la medaglia
d’oro al valor civile dall’allora Presidente
della Repubblica, Sandro Pertini.
A ricordare la fulgida figura di Emanuele
Basile è oggi Angelo Farano, del comitato
provinciale dell’Anpi: «Egli, come tanti
altri, è la testimonianza più vera dell’alto
prezzo pagato dal nostro Paese per la sua
democrazia e la sua libertà. Ancora oggi
assistiamo a intimidazioni verso sindacalisti,
lavoratori e delegati, anche se tutto ciò
difficilmente trova spazio sui giornali e,
quando proprio lo trova, tutti o quasi tutti
colpevolmente se ne disinteressano.

Essi
hanno il solo torto di difendere le condizioni
di legalità e sicurezza sui luoghi di
lavoro, denunciare l’aggiudicazione di un
appalto fuorilegge, impedire assunzioni a
carattere clientelare, non chiudere gli occhi
su processi e fenomeni criminali gravi e
pericolosi. In sostanza, oneste e giuste persone.
Oggi, come e più di ieri, c’è bisogno
che la battaglia per la giustizia sociale, la
legalità e i diritti del lavoro, si fonda in un
unico impegno civile, sociale, politico; che
sia capace di portare sempre nel cuore chi,
come Basile, ha pagato con la propria stessa
vita».