Basta perdite di tempo.
Serve agire. Lo afferma il presidente
del consiglio comunale, Lucio Lonoce
che entra in campo sulla vicenda Ilva.
«Il clima di incertezza che caratterizza
il futuro dell’Ilva – dice Lonoce –
mi induce a più di una riflessione. Me
lo impone il mio ruolo istituzionale
di presidente del Consiglio comunale,
ma anche la mia storia personale,
ricordando a me stesso di essere stato
un lavoratore di quella fabbrica e che,
quindi, ho conosciuto direttamente e
non solo per sentito dire».
«Innanzitutto – continua il presidente
del consiglio – vanno stigmatizzate
le posizioni ondivaghe dell’Esecutivo
nazionale che, soprattutto con il
Movimento 5 stelle, già in campagna
elettorale aveva assunto atteggiamenti
contraddittori che, puntualmente,
si stanno confermando nell’azione
(meglio sarebbe dire: nell’inazione)
di governo. Chiudere, non chiudere,
riconvertire in un parco giochi (Grillo
dixit…), richiesta di approfondimenti,
incontri su incontri e così via. Insomma,
dopo tante promesse a livello nazionale
e locale (con una valanga di
voti presi a Taranto, espressi anche da
chi sperava in una svolta per il caso
Ilva) assistiamo a perdite di tempo
e atti dilatori che certo non lasciano
intravedere un futuro roseo. Come
se non bastasse il carteggio relativo
al passaggio di proprietà del gruppo
siderurgico ad Arcelor Mittal è stato
inviato dal Ministro e Vicepremier
Di Maio all’Autorità anticorruzione,
su sollecitazione del presidente della
Regione Puglia.
Il motivo è noto:
secondo Emiliano potrebbero esserci
irregolarità nell’atto di vendita. Ma
come? Dopo mesi e mesi di incontri
e trattative, dopo tanto tempo perso a
polemizzare con l’ex Ministro Calenda,
solo ora il governatore si accorge
del presunto imbroglio? Ben vengano
gli accertamenti, ma la tempistica lascia
davvero sconcertati…»
«Perché – prosegue Lonoce – in questo
tergiversare continuo aumentano
le ansie dei lavoratori diretti e indiretti,
delle imprese dell’indotto e dei
cittadini di Taranto. Preoccupazioni
che riguardano l’occupazione, i salari,
i crediti che non vengono onorati,
la questione ambientale. Senza contare
che lo stabilimento continua a mostrare
i segni del tempo e dell’usura,
con frequenti incidenti di percorso
che mettono a repentaglio l’incolumità
dei dipendenti».
«E allora – afferma il presidente – è arrivato
il momento di decidere. Dimostrando
di avere coraggio e responsabilità.
Correndo anche il rischio di
non poter accontentare tutti, ma con
la consapevolezza di aver agito per il
meglio. Per tutti.
E soprattutto per la
città di Taranto che merita risposte
certe e celeri. Lo pretendono le aziende
dell’indotto, sull’orlo del collasso
finanziario per lavori già eseguiti per
conto dell’Ilva e non ancora pagati,
con inevitabili ripercussioni sulle retribuzioni
dei dipendenti. Lo chiedono
i lavoratori dello stabilimento, sui
quali pende la spada di Damocle degli
infortuni sul lavoro, delle malattie
professionali e degli esuberi proposti
da Am Investco. Lo invocano le famiglie
tarantine che vogliono ritrovare
serenità, in un ambiente più sano che
preservi la loro salute e in un contesto
socio-economico più stabile, con una
conseguente ritrovata capacità di spesa
che possa rimettere in moto l’intera
economia tarantina.
Si può fare? Io dico che non solo si
può, ma che si deve. Non è facile,
certo, nessuno lo ignora. Ma qualche
segnale che indichi al Paese e alla
nostra città che una decisione netta e
definitiva sulla vicenda Ilva sta finalmente
per essere adottata è un imperativo
categorico dal quale il nuovo
Governo non può sottrarsi».