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​«Attenzione, l’Isis non è morto​»

Il terrorismo islamico rappresenta ancora un amincaccia per l’Occidente? Se ne è parlato in una punta de La Vita in diretta, su Rai Uno. Tra gli ospiti anche il prefetto tarantino Francesco Tagliente. Lo abbiamo raggiunto nella sua residenza di Crispiano per porgli alcune domande sul tema.

Prefetto, con la definitiva sconfitta dello Stato Islamico come entità territoriale, l’Isis continua a rappresentare una minaccia pericolosa per l’Italia?
Lo Stato Islamico è stato sconfitto a livello militare e territoriale, ma non ideologico. La sconfitta militare dello Stato Islamico non sancisce la fine della minaccia jihadista perché l’ideologia continua a nutrirsi della rete e a diffondersi nella mente di migliaia di nuovi proseliti. Gli sconfitti animati da odio e rancore continuano a rappresentare una minaccia imprevedibile. La sconfitta dell’Isis, la fine del Califfato non è la fine dell’Isis, ma solo una sua metamorfosi con risvolti imprevedibili. Alcuni affiliati con ran­core e rabbia potrebbero sfogare pericolosamente il proprio radicalismo a casa. Peraltro gli ultimi attacchi, spesso su base individuale, imprevedibili e drammaticamente letali, hanno evidenziato che l’Isis anche in Italia rappresenta un pericolo significativo. Le ultime operazioni di polizia con arresti, fermi ed espulsioni, hanno confermato l’esistenza di una minaccia terroristica diffusa. Il singolo che ha giurato fedeltà attraverso il web e che si e cibato dell’idea del premio per il martirio arriva a fare attentati pure senza preparazione e addirittura con la propria macchina. La propaganda alimentata da continui appelli attraverso il web a colpire i Paesi “crociati” costituisce il propellente di una strategia che continua ad essere implementata. I recettori dei “messaggi estremisti” sono i soggetti già presenti nei Paesi occidentali, compresi quelli di ritorno dalle aree di conflitto medio-orientali o nordafricane.

Se prima gli aspiranti jihadisti venivano invitati ad abbandonare le città europee per unirsi al Califfato, ora sta avvenendo l’esatto contrario: vengono invitati a sta­re a casa e colpire gli infedeli. Dovunque siano, con qualunque mezzo. Questo è il nuovo messaggio. Resta elevato anche il livello della minaccia connesso ai foreign fighters europei reduci dalle aree di conflitto, prevalentemente quello siro-iracheno, i quali, ulteriormente radicalizzati e forti dell’espe­rienza bellica maturata, potrebbero transitare per l’Italia, geograficamente esposta al loro passaggio.

Quanto è esposta l’Italia ai rischi dei foreign fighters?
Complessivamente si stimano 25-30 mila foreign fighters da circa 100 diversi Paesi diversi di cui oltre 10.000 dall’Europa e 135 dall’Italia. Il ministro dell’interno uscente Marco Minniti ha parlato della più impor­tante legione straniera che la storia moderna ricordi. Molti sono morti, ma i sopravvissuti stanno cercando rifugio altrove, anche in Europa e sicuramente anche qui in Italia.

Quali sono i punti di forza del sistema di sicurezza per la prevenzione dle terrorismo islamico?
L’Italia dispone di servizi di intelligence e strutture investigative con una grande storia alle spalle, abbiamo già affrontato molte emergenze e maturato una grande esperienza nella lotta al terrorismo sin dagli anni della strategia della tensione durante i cosiddetti anni di piombo, le nostre istituzioni ora hanno una grande capacità di monitoraggio che può farci sentire meno a rischio di altri. Al vertice abbiamo un direttore generale della PS e un capo dell’antiterrorismo con una lunga storia di lotta al terrorismo. Franco Gabrielli da dirigente della Digos romana, fu promosso dirigente superiore della Polizia di Stato per meriti straordinari, per l’importante contributo alle indagini che portarono alla cattura dei brigatisti responsabili degli omicidi D’Antona, Biagi e Petri. Lamberto Giannini che insieme con Laura Tintisona e Vittorio Rizzi hanno con­dotto le indagini che portarono alla cattura di alcuni brigatisti. In Italia abbiamo il C.A.S.A. un Comitato di Analisi Strategica antiterrorismo, istituito dopo strage di Nassiria per ricondurre ad unita il flusso infor­mativo italiano ed estero. Un modello di analisi ancora oggi unico al mondo. Per il contrasto la riduzione del rischio c’è una forte cooperazione interistituzionale.

CASA, Intelligence, attività informativa, e controllo del territorio consentono di valutare la minaccia imprevedibile. Sul piano internazionale servirebbe una maggiore condivisione e cooperazione operativa di tutte le potenze mondiali. È importante monitorare e investire di più sulle attività delle reti, comprese wi-fi aperte, Deep Web (Internet profondo), e Dark Web (internet oscuro). Ed è importante rafforzare la lotta contro il finanziamento al terrorismo. E’ importante un attento monitoraggio per intercettare le reti dedite al trasferimento di denaro per alimentare il terrorismo e le elargizioni spontanee dei residenti in diversi Paesi europei. Andrebbe rafforzato ulteriormente il controllo di quei luoghi di aggregazione di soggetti potenzialmente contigui all’estremismo islamico. Penso poialla esigenza di una continua e maggiore penetrazione delle agenzie di controllo sociale nelle periferie per prevenire il radicamento del fondamen­talismo islamico. In questo contesto è importante il coinvolgimento dei predicatori ortodossi ostili alla violenza armata.