E, alla fine, Jindal riuscì
ad entrare in Italia prima di Mittal.
Paradossi d’acciaio. È stato firmato ufficialmente
il contratto per la cessione
di Aferpi da Cevital al gruppo indiano
Jindal Steel West. Jindal, anima
industriale di quella AcciaItalia che
perse la corsa con Am InvestCo per
l’Ilva, si impegna a produrre acciaio
costruendo due forni elettrici per una
produzione di almeno due milioni di
tonnellate.
In cambio, le istituzioni, a
fronte di un piano da un miliardo e 50
milioni di investimenti, si impegnano
a sostenere con un contributo di 33
milioni del Ministero dello sviluppo
economico progetti di tutela ambientale
e di risanamento, a cui si aggiungono
30 milioni della Regione Toscana per
l’efficienza energetica e ambientale
del ciclo produttivo e altri 30 milioni,
sempre regionali, per progetti di ricerca
e formazione. Con la firma passano a
Jindal anche gli oltre 2.000 addetti.
Non ci sarà subito il reimpiego di tutti
i lavoratori. Sul piano ambientale, l’azienda
si impegna sulle demolizioni e a
riorganizzare lo stabilimento in modo
da allontanare le produzioni dal centro
di Piombino e a fare i risanamenti ambientali.
L’azienda indiana potrà avere
le concessioni dalla Port Authority.
Uno scenario “dinamico”, radicalmente
diverso da quanto si vive a Taranto.
«A seguito delle verifiche interne sul
dossier Ilva e del parere fornito dall’Anac,
si ritiene che ci siano i presupposti
per avviare un procedimento amministrativo
finalizzato all’eventuale annullamento
in autotutela del decreto del
5 giugno 2017 di aggiudicazione della
gara. È un procedimento disciplinato
per legge – afferma il Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio
– che durerà 30 giorni. Un atto dovuto
per accertare i fatti a seguito delle
importanti criticità emerse. Ad ogni
modo – conclude il Ministro – domani
incontrerò i vertici di ArcelorMittal
per proseguire il confronto sull’aggiornamento
della loro proposta» è il
laconico comunicato, datato 24 luglio,
che campeggia sulla home page del sito
internet del Ministero dello Sviluppo
Economico. Insomma, si potrebbe
dovere (o volere?) rifare tutto nella gara
di aggiudicazione dello stabilimento
siderurgico tarantino. Con l’incognita
di una nuova partecipazione da parte di
Jindal, che ha comunque raggiunto l’obiettivo
di avere un primo avamposto
in Europa, anche se meno significativo
di Taranto, e della stessa ArcelorMittal,
che prima della nota di Di Maio
si era detta disposta a migliorare la
propria proposta. Destinata, forse, ad
essere respinta al mittente.
Ernesto
Abaterusso, consigliere regionale e
coordinatore regionale di Art.1-Mdp/
Leu e Massimo Serio, coordinatore
provinciale Art.1-Mdp/Leu Taranto
dicono che “ciò che sta succedendo
su Ilva è imbarazzante”; “il ministro
Di Maio la smetta con il gioco delle
tre carte su Ilva” rincara la deputata
tarantina di Fratelli d’Italia Ylenja
Lucaselli. “A Taranto, come è noto, vi
è una fortissima presenza di cittadini
militari. Molti questi non credono più
agli impegni solenni assunti dai Governi
per conciliare l’ambientalizzazione
della città e la presenza dell’industria
pesante” si legge in una nota di Antonello
Ciavarelli, delegato del Co.Ce.R.
massimo organismo di rappresentanza
dei militari.