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​Ricatto a luci rosse ai danni di un’avvocatessa: si torna in Corte d’Appello​

Torna in Corte d’Appello
la vicenda del presunto ricatto a luci
rosse che vedrebbe come vittima una
avvocatessa tarantina.

La Corte di
Cassazione ha infatti accolto il ricorso
che era stato presentato dal Procuratore
Generale e dalla parte civile contro
l’assoluzione dei due imputati, la coppia
di coniugi Cosimo Laricchiuta ed Elena
Calviello.
Nel 2015 i due erano stati condannati in
primo grado rispettivamente a quattro
e tre anni di reclusione per poi essere
assolti nel successivo grado di giudizio.

Ora è arrivata la sentenza della Cassazione
che rinvia il processo in Corte d’Appello.

La parte civile era rappresentata dall’avvocato
Gianfranco Iadecola, mentre
gli imputati erano difesi dagli avvocati
Franco Coppi e Salvatore Maggio.
La storia è piuttosto intricata e risale
al 2007. Secondo la denuncia della
vittima – una professionista in fase di
separazione dal marito – Laricchiuta,
carpendo la fiducia dell’avvocatessa,
si sarebbe impossessato di
circa 400mila euro che la
stessa avvocatessa gli avrebbe
consegnato per metterli in
qualche modo al riparo da
pretese del marito.
Tra l’avvocatessa e Laricchiuta
sarebbe nata una relazione
intima e qui si innesca
l’aspetto più pruriginoso della
storia perché i due coniugi
avrebbero così ricattato la
donna minacciandola di diffondere
foto compromettenti.
In cambio Laricchiuta e la
Calviello avrebbero preteso
la somma di altri 250mila
euro. Nel corso della storia,
sempre secondo le accuse,
Laricchiuta avrebbe anche
aggredito l’avvocatessa nel
suo studio legale.

La vicenda si sarebbe sviluppata
nell’arco di due anni,
dal 2007 all’estate del 2009,
quando l’avvocatessa, sfinita per la
situazione che l’avrebbe condotta ad
uno stato di prostrazione psicofisica, ha
presentato denuncia ai Carabinieri rivelando
quanto a suo dire avrebbe subito
nell’arco di quei due anni.