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Le prospettive di Acciaierie, ora serve concretezza

Parlano ex tecnici dello stabilimento siderurgico
Operai ex Ilva

Tra fabbrica e città occorre realizzare una politica di pacificazione: è questo l’indirizzo entro il quale si orienta un articolato lavoro realizzato dall’associazione Orizzonti, costituita da ex dirigenti dello stabilimento siderurgico. Tutti esperti di siderurgia che, con cognizione di causa, attraverso questo capillare lavoro ricostruiscono la storia dell’acciaieria di Taranto, le criticità che l’hanno afflitta nel corso degli anni e la prospettiva per giungere a conciliare una realtà industriale così importante con il territorio che la ospita.

L’obiettivo è quello di giungere ad avere una azienda risanata e produttiva ma che abbia una sua responsabilità sociale verso il territorio, anche attraverso la costituzione di una società benefit. In questa pagina vi proponiamo una nota a cura della stessa associazione che può essere letta come sintesi o come introduzione al volume realizzato dalla stess aassociazione, dla tiolo “Taranto e la siderurgia – Quale futuro per l’industria, il territorio, l’ambiente e la salute».

“Nel mentre a Roma si discute…”: purtroppo sembra ormai una inutile ripetizione il riproporre la celebre frase riportata da Tito Livio, utilizzata spesso per riferirsi ad una situazione nella quale di fronte ad un problema che dovrebbe esser affrontato con decisione, si perde troppo tempo a discutere senza agire e con un finale che non fa presagire nulla di positivo. Sono ormai troppi anni che le decisioni su questa fabbrica, riconosciuta di interesse nazionale, vengono prese in modo tale da risultare slegate ed inconsistenti, da non consentire una efficace azione come l’urgenza della situazione richiede. Ora, senza voler entrare in merito all’ attuale difficilissima situazione delle Acciaierie d’Italia, vogliamo fare un riferimento all’ultimo incontro del 19 gennaio al ministero con il ministro Urso, dove a complicare il quadro, abbiamo assistito ad un incontro tra le varie parti fortemente deludente dove non c’è stata ancora assolutamente un’unità di vedute sullo stato critico di salute dell’acciaieria e dove tutto rimane fondamentalmente incerto e privo di soluzioni: molti passaggi appaiono privi di concretezza e di una reale definizione delle vere problematiche e delle priorità. E per questo che riteniamo valida la presa di posizione della Uilm che richiede di portare la discussione ad un livello più concreto con soluzioni praticabili con la necessaria urgenza per la tutela del futuro della fabbrica e dei lavoratori: una situazione che non può essere negata se si conosce lo stato dell’acciaieria.

Va anche ben chiarito che il problema non è oggi più di natura ambientale poiché ormai la fabbrica riesce a rientrare nei limiti dei parametri emissivi di legge, vuoi pure per le ridotte produzioni ma certamente per il completamento dell’impiantistica prevista dall’Autorizzazione Integrale Ambientale. Certo si rischia di vanificare anni di lavoro e di impegno economico se gli impianti vengono tenuti in stato di abbandono senza le necessarie attività manutentive. A proposito di quanto detto, nell’intento di fare ulteriore informazione e dare un contributo di conoscenze, intendiamo presentare il volume (che preferiamo definire “dispensa”) intitolato: “TARANTO E LA SIDERURGIA – Quale futuro per l’industria, il territorio, l’ambiente e la salute”, sviluppato dall’associazione culturale Orizzonti (costola della delegazione Tarantina di Federmanager Puglia). È un po’ di storia tarantina che si incrocia con le vicende della siderurgia italiana e dove, con accorta razionalità, vengono messe in evidenza le contraddizioni che hanno accompagnato le vicende della più grande acciaieria d’Europa che da ormai da 10 anni non ha più trovato la forza di risollevarsi. Questa dispensa ha l’obiettivo di aprire un dibattito con il mondo dell’università, della stampa più illuminata, della politica e dei cittadini interessati e dare un contributo costruttivo alla risoluzione dei problemi.

È una raccolta di considerazioni e di opinioni espresse direttamente da ex dirigenti della fabbrica, finalizzata a mostrare i fatti e gli accadimenti sotto un diverso angolo di visuale per fare in modo che non si determini la paralisi dell’intero apparato produttivo nazionale. Tra le tante cose dette sul caso Ilva, è sempre rimasta inascoltata la voce e la testimonianza di chi dentro il sistema c’era, di chi conosce realmente il sistema industriale-siderurgico in quanto ne ha fatto parte per lunghissimi anni e ne ha le competenze. Occorre fare chiarezza e definire un nuovo corso per la siderurgia tarantina: sull’annosa questione dell’inquinamento presente nella città di Taranto, occorre fare chiarezza, squadernando fatti accertati e abbozzando soluzioni realistiche. La fabbrica siderurgica di Taranto è ritenuta l’origine e unica causa di tutti i mali che da anni affliggono il territorio, dell’aumento degli indici di mortalità e dell’incidenza delle patologie tumorali. Nell’ultimo decennio poi, sono disconosciuti i miglioramenti ottenuti attraverso specifici provvedimenti tecnici e gestionali nel Siderurgico, documentati da rilevazioni ufficiali pubbliche. Sono stati oggetto di valutazioni, gli aspetti ambientali e sanitari legati alla fabbrica che ne hanno condizionato il passato e presente. Il futuro, tuttora ancora molto incerto, è strettamente collegato ad azioni di trasformazioni graduali dei processi, decisioni ed azioni complesse e soprattutto senza perdere di vista la razionalità e la competenza. Tutto è sospeso pericolosamente: vi è un detto che ben potrebbe riassumere la situazione: “Mentre il medico studia, il malato muore”.

È un periodo di incertezze dove tutto può accadere: un periodo in cui possono essere prese decisioni che possono stravolgere il destino della nostra città; dove è ormai in discussione la stessa sopravvivenza dell’era industriale tarantina. L’incubo ricorrente di quanti temono la chiusura dello stabilimento ex Ilva, ritenuto sino a poco fa il fiore all’occhiello della siderurgia nazionale ed europea, contrasta con il sogno di altri che vedono nella sua chiusura la fine di tutti i guasti su ambiente e salute. Chi avrebbe mai pensato di mettere in discussione la sopravvivenza del più grande e moderno centro siderurgico europeo, quarto nel mondo? Quale cammino intraprendere? Oggi è tutto sospeso: si sente dire di analisi e valutazione di come porre rimedio a una situazione complicatissima, di indefiniti provvedimenti e adeguamenti, comunque necessari e improcrastinabili, per eliminare o quanto meno ridurre gli effetti negativi determinati dalla nota concentrazione di insediamenti industriali localizzati nelle immediate vicinanze della città. Appare giunto il momento delle grandi decisioni, delle grandi scelte a cui nessuno può più ulteriormente sottrarsi.

È notizia del 18 gennaio del 2023 che Acciaierie d’Italia ha ottenuto la certificazione per la responsabilità sociale d’impresa (Standard SA8000) che dovrà mantenere attraverso il coinvolgimento degli stakeholder interni ed esterni ed il loro grado di soddisfazione. Certamente una cosa positiva ma che deve trovare a breve una concretezza nelle azioni. Una visione seppure espressa in modo sintetico, ma rappresentativa della reale situazione della fabbrica e del rapporto con il territorio è riportata nel capitolo 7 della dispensa. Questa condizione è il risultato finale di una serie di errati passaggi, lungaggini, difficoltà gestionali e finanziarie con diverse responsabilità, ma dove è difficile intravedere un auspicato miglioramento di breve termine.

Sostenibilità della fabbrica
Situazione attuale: al di là dei futuri assetti ipotizzati e che oggi comunque appaiono ancora lontani da trovare una concreta realizzazione, è bene soffermarsi sulla situazione attuale della fabbrica per una valutazione della sua reale sostenibilità. Nel mese di Ottobre 2022 le Acciaierie d’Italia hanno pubblicato un resoconto completo denominato: “Rapporto di sostenibilità – Esercizio 2021”.Un report completo su tutte le attività svolte che hanno abbracciato gli esercizi 2019- 2020- 2021. È evidente che tante cose sono state fatte sia nella governance che nell’impegno per l’ambiente e per la digitalizzazione 4.0., sia pure nelle condizioni date di grave crisi economica e conseguente mancanza di liquidità. Occorre però un’analisi più completa per mettere in campo altre considerazioni ed ampliare la rendicontazione che tenga ben conto dei risultati aziendali, oggi fortemente condizionati, tenendo conto delle reali potenzialità della fabbrica. Purtroppo è da rilevare che nel rapporto di sostenibilità presentato si avverte la mancanza di un piano industriale ed una visione produttiva ed occupazionale. Viene dichiarata una capacità produttiva di 10 Milioni di tonnellate di acciaio, ma si è ben lontani da poter raggiungere questi risultati. Peraltro i consuntivi produttivi degli ultimi anni, nonostante i buoni propositi, parlano da soli. Quando un’azienda come le Acciaierie d’Italia, che produce l’acciaio, indispensabile per il fabbisogno dell’industria nazionale, fatica a realizzare profitti in un momento in cui la stessa tipologia di industria, nel mondo, sta realizzando interessanti guadagni, occorre porsi la domanda su cosa non stia funzionando. Da non trascurare che si sta parlando di una industria ritenuta dal Governo Nazionale di rilevante importanza strategica.

Ancora più preoccupante è il quadro societario con la partecipazione dello Stato e quindi l’impiego di denaro pubblico che sembra non produrre utili risultati; in questo caso di certo c’è un’assenza del Governo nella sorveglianza dei fatti ed un consiglio di amministrazione dove qualcosa non funziona se a fronte di mancati profitti per una azienda in forte difficoltà si continua, ormai da troppo tempo, ad operare in assenza di un piano concreto di produzione con una fabbrica che non realizza gli obiettivi fissati. Al di là del Bilancio di Sostenibilità presentato, è bene dare concretezza all’attuale condizione parlando di situazioni reali. La fabbrica ha forti problemi di liquidità, per superare i quali non si possono annullare modelli aziendali e banalizzare i problemi impiantistici che via via si presentano. Lo stesso approvvigionamento di materie prime risente pesantemente di mancanza di liquidità che genera ulteriori debiti ricorrendo a scarichi parziali che provocano altissimi costi di controstallie.

Nel tentativo di una gestione con bassa liquidità i costi aumentano a dismisura, vedi ad esempio i costi per controstallie ed acquisto di materie prime sul mercato in emergenza. La fabbrica non sta producendo come dovrebbe in funzione del ciclo integrale: gli altiforni sono continuamente costretti ad arrestare la loro marcia per problemi impiantistici a monte e a valle. Gli altiforni sono impianti complessi che richiedono una stabilità di marcia per non degradare la loro struttura e per mantenere una marcia economica. È evidente che, oltre al rapporto con la città, dovranno essere risolti prioritariamente i problemi produttivi ed occupazionali della fabbrica e ciò, a nostro avviso, non sembra stia accadendo.