Lo spettro di un incremento della cassa integrazione incombe sul Siderurgico. «Un piano in merito ad un incremento dei numeri della cassa integrazione» in Acciaierie d’Italia è stato annunciato ai direttori di area del siderurgico di Taranto, secondo quanto dichiarato da Fim, Fiom e Uilm che chiedono un incontro urgente all’azienda. I sindacati lamentano il mancato coinvolgimento, segnalano la modifica degli organici e dicono di aver appreso della nomina di un nuovo direttore di stabilimento – Salvatore Del Vecchio al posto di Alessandro Labile – e di un ipotetico cambio alla guida delle risorse umane.
I tre sindacati chiedono lo stop ad Ilva su ogni decisione in merito. Usb da parte sua annuncia che il primo febbraio «si è fermato il Pla 2, ed è stato spento anche il forno: questo fa pensare ad una fermata lunga; la settimana prossima fonti vicine all’azienda dicono che è previsto lo stop dell’Acciaieria 1, l’80% del Laf invece è già stato bloccato. Di conseguenza, aumenta la cassa integrazione soprattutto nello staff e nei servizi come Officine Generali. Questi sono fatti che vanno a smentire quello che l’azienda ha dichiarato, durante l’incontro con Fim, Fiom e Uilm, a Roma nella sede di Confindustria, su fantomatici investimenti e risalita produttiva. Sarà infatti difficile pensare ad una ripresa della produzione nell’anno in corso, tantomeno credere a interventi su impianti. E intanto, il tutto continua a ricadere sui lavoratori costretti a sopportare altra cassa integrazione e a fare i conti con uno stipendio che non arriva a mille euro mensili». «Unico aspetto positivo» dice ancora Usb «viene dalla comunicazione della nuova Responsabile delle Risorse Umane, che ha preso il posto di Ferrucci: Virginia Picciarelli ha fatto sapere che presto anche i dirigenti, i quadri aziendali e i capireparto saranno sottoposti a cassa integrazione. Lo interpretiamo come un segnale nella direzione della riduzione delle distanze tra operai e dirigenti. Intanto noi, continuiamo a non vedere futuro e prospettive, e ribadiamo la necessità di un accordo di programma che parta dai famosi tre punti: riconoscimento dell’esposizione, garanzia del reddito e incentivo all’esodo». Ma l’inizio di febbraio fa segnare altre novità.
«Con il presente atto la Regione Puglia interviene in giudizio e aderisce all’azione proposta dai ricorrenti, sostanzialmente volta ad ottenere l’inibitoria, variamente graduata, dell’attività produttiva svolta nel siderurgico ex Ilva di Taranto, in funzione della tutela dell’ambiente, dell’ambiente salubre e della salute delle comunità locali, oltre che dei singoli ricorrenti (…) E’ chiaro che l’interesse della Regione Puglia a sostenere in giudizio (nelle forme dell’intervento adesivo dipendente ex art.105 c.p.c.) le ragioni dei ricorrenti è determinato dalla necessità di evitare qualsiasi pregiudizio ambientale e alla salute umana, cagionato dalla prosecuzione dell’attività dello stabilimento». Così la Regione Puglia entra nel procedimento giudiziario in corso a Milano e sembra chiedere, di fatto, lo stop dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto. L’ente regionale infatti ha presentato al Tribunale di Milano-Sezione specializzata in materia d’impresa un atto di intervento “ad adiuvandum” rispetto alle ragioni dell’azione inibitoria collettiva promossa da undici cittadini aderenti all’associazione Genitori Tarantini, contro l’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. L’iniziativa fa seguito all’ordinanza del 16 settembre scorso con la quale la quindicesima sezione civile del tribunale di Milano ha deciso di sospendere il procedimento e di rimettere gli atti alla Corte di Giustizia europea, chiedendo di esprimersi sulle diverse norme cosiddette “salvaIlva”.
A darne notizia con una nota la stessa associazione Genitori Tarantini, spiegando come la Regione sia intervenuta «nel giudizio da noi promosso contro Ilva e AdI e chiedendo l’accoglimento integrale delle nostre richieste, in primis la chiusura dell’area a caldo. Avendo fatta propria la richiesta di inibitoria ne consegue che anche presso la Corte di Giustizia Europea la Regione sosterrà le nostre ragioni. Questa notizia ci rende relativamente più ottimisti sull’esito della difficile causa che abbiamo intrapreso per tutelare la salute dei cittadini» dice l’associazione. «Diamo atto al presidente Emiliano di avere preso finalmente una decisione coraggiosa e rispettosa della legalità, perché a Taranto, zona di sacrificio, per far valere i diritti umani occorre anche tanto coraggio, quel coraggio che deve muovere la Giustizia».
Non manca però una stoccata al governatore pugliese: «A differenza di altre volte (quando agli attivisti tarantini prometteva di stare dalla loro parte, ma, subito dopo, ai tavoli decisionali si allineava sulla decisione di continuare l’attività produttiva), in questo specifico caso il presidente Emiliano ha fatto il contrario: al Governo Meloni ha scritto di condividere l’ipotesi di un accordo di programma che disciplini la continuità produttiva, ma nella sede dove si decideranno le sorti dell’Ilva (Tribunale di Milano e Corte di Giustizia dell’Unione Europea) ha messo nero su bianco che vuole la chiusura dell’area a caldo. Questo è un punto di non ritorno» sottolinea ancora l’associazione ambientalista «perché nei procedimenti giudiziari le parti non possono cambiare idea a seconda di come gira il vento». Intanto in consiglio comunale a Taranto sono state ritirate ieri, per maggiori approfondimenti”, la mozione riguardante le trivellazioni in mare e l’ordine del giorno relativo proprio alla vertenza ex-Ilva.