Fare l’Assistente Sociale significa fare parte di una delle poche categorie detestate dall’opinione pubblica. Eppure nasciamo dalle organizzazioni caritatevoli per poi evolvere in qualcosa di nuovo che ha avuto bisogno di molte materie (psicologia, pedagogia, diritto).
Le professioni nascono anche così, studiando, scrivendo e trasmettendosi conoscenze ed esperienze. Siamo nella società, come “costruttori di reti”, “professionisti dell’aiuto”, mica facile! Una delle mansioni più complesse è quella legata alla salvaguardia del minore. Quando si parla di minori, il nostro livello di attenzione si alza. Noi tutti vediamo i minori come persone del tutto indifese nella società, esposte ad offese. Quando entriamo in un’abitazione, a seguito di una segnalazione, sentiamo su di noi la piena responsabilità di essere “responsabili” di azioni che possono fare del bene (se adeguate alla situazione), o del male (se inappropriate ed inadeguate), e tante ansie correlate; non ultima, quella di non sbagliare e subire le conseguenze legali di un ns comportamento. Il garantismo nel nostro paese troppo spesso soccombe alla notizia che sbatte il mostro in prima pagina! Gli “Assistenti Sociali rubano i bambini alle famiglie”… Partiamo dal presupposto che il professionista è tenuto da legge ad intervenire in determinati casi. “Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica […], lo colloca in luogo sicuro”. Gli organi della protezione dell’infanzia, sono, ovviamente, gli Assistenti Sociali. L’Assistente colloca il minore in comunità ma poi, immediatamente, contatta il giudice competente, dopo di che, entro 24 ore, scrive una relazione nella quale descrive le ragioni dell’abbandono e del collocamento, l’autorità giudiziaria competente si prende 72 ore per relazionare al tribunale per i minori il quale entro 15 giorni provvede a convocare un’udienza. Qui tutto si complica. L’udienza ha vari attori presenti, fra cui la famiglia, alla quale il minore viene sottratto, ma si può decidere di ascoltare anche il minore (secondo determinati parametri di età e consapevolezza) Non che sia sbagliato sentire gli attori, per carità, del resto la nostra professione si basa sulle parole, scritte e dette, ma perché le forze in campo sono megalitiche: da una parte le forze irrefrenabili (incarnate dagli affetti e dalla volontà di ricongiungersi), dall’altra i corpi inamovibili date dalla burocrazia dalle leggi.
La riforma sembra scritta sull’impianto della convalida d’arresto, dove, a ragion veduta, le persone si devono poter difendere ed interfacciarsi alla p.a. per portare le proprie ragioni. E’ evidente come la legge si mostri sensibile al ruolo legale (incarnata dagli avvocati), sminuendo di fatto il ruolo sociale. Bibbiano è stata usata come “clava comunicazionale” contro il nemico politico, a scapito di servizi e minori con conseguenze senza dubbio dannose. Quel particolare momento nel quale la famiglia inizia finalmente a riflettere su se stessa e inizia a lavorare sul suo percorso, allora il bambino viene dichiarato in “stato di abbandono” e allora si apre la procedura per l’adottabilità. Non stiamo parlando di un arresto o di un’azione per la quale si deve stabilire un colpevole, ma di un processo d’aiuto, ad una madre e un figlio allontanati. Noi tutti abbiamo un’idea tipica dell’affetto familiare, e, quando la nostra esperienza in famiglia è positiva, spesso diamo per scontato che così sia per tutti Chi fa una professione di aiuto sa che ogni volta che si chiude la porta di una casa, dietro quella porta si può nascondere di tutto, dal “semplice” abbandono, alla violenza sessuale su un bambino. Sta a chi è preposto capire che sta succedendo e credetemi, non è facile. Non tutti i casi hanno la stessa gravità, alcuni sono semplici, e con un po’ di volontà da parte dei genitori il minore ritorna a casa e l’allontanamento è solo un brutto ricordo, in altri quelle persone (che dovrebbero essere madri e padri), sono le persone meno indicate ad accudire un altro essere umano e il tutto è condito da un’inconsapevolezza costante e diffusa.
Uno dei fattori potenzialmente impazziti è l’informazione, informazioni reperite che vengono trasmesse informalmente alle famiglie, le quali comprendono quello che vogliono comprendere in un momento di evidente sofferenza, le relazioni (montagne di carte sullo stato dell’arte di tutto il procedimento), insomma tutto scorre, lento o veloce a seconda della gravità. Esistono i diritti, la necessità di portarli in giudizio, nessuno lo mette in dubbio, ma conciliare questo sacrosanto ufficio, con il fatto che le persone devono ricevere aiuto spesso è arduo Quando una famiglia va in pezzi, non si ha la contezza del male che si sta perpetrando, semplicemente perché se si sapesse quali e quanti danni un bambino riceve dalle dinamiche familiari gli adulti coinvolti si asterrebbero. Questa inconsapevolezza mette le persone in una condizione di proverbiale incoscienza.
A noi il compito di cercare di capire se il seme di una genitorialità consapevole e sana esiste, e li parte il sostegno che può essere psicologico, sanitario in senso lato, o di “semplice” gestione del contesto (riordinare una casa sporca e inadatta ad accogliere minori). Altro caso è rappresentato dalla sussistenza di tossicodipendenza o alcolismo, pensate che gli alcolisti e i tossicodipendenti non facciano figli? Neonati trattati con farmaci per l’astinenza da eroina subito dopo il parto è veramente un cazzotto nello stomaco. Altro capitolo è dato dalle separazioni conflittuali, quel particolare momento in cui “mamma e papà” giocano a farsi la guerra e i figli assistono a questa guerra, con danni incalcolabili o, addirittura diventano armi scagliati contro il coniuge, perché l’amore fra uomo e donna finisce, quello per i figli no ed è una leva importante quando l’odio prende il suo posto stabile in una coppia. In quel caso si parla di danno per il minore il quale può metterci anni per ritornare alla serenità. Il punto è: non tutti possono fare i genitori, e questo è un dato di fatto, ma se ti permetti di mettere in dubbio questo “totem” della società allora sei detestato. Certe trasmissioni televisive con pseudo divulgatori, spesso creano il caso lacrimoso. Un padre, una madre che hanno dovuto vedere i propri figli strappati dall’assistente sociale. Non ho mai lavorato per una casa famiglia ma spesso ci ho avuto a che fare, credo sia uno dei lavori più straordinari possibili, un ragazzo arriva (qualche volta in tenera età), spaventato ferito e disorientato e, se tutto va bene, dopo qualche anno vedi fiorire una persona, autonoma dalle piccole cose all’autonomia. Un lavoro costante, spesso precario, nel quale si vive in simbiosi con le persone che accogli. Ad alto rischio, un lavoro nel quale spesso si vedono peggiorare le cose, il minore si confida, si libera del giogo familiare e comincia a confidare, e li che esce fuori, spesso, il vero male del quale la famiglia è vittima.
Questa delicatezza di interventi, che si traduce nella quotidianità della vita delle persone, è il vero fulcro, perché nelle case famiglia si aggiusta ciò che non va e si cerca di creare casa e famiglia. Questo vale per chi il lavoro vuole farlo, per chi decide di interpretare il lavoro in maniera sterile (ed in ogni ambito della vita c’è chi vuole fare meno e male), allora è tutto un altro discoro. Vero è che in questo Paese esiste un’emergenza minorile; secondo i dati forniti dal Ministero dell’interno nell’anno 2021 i casi di abuso su minore hanno superato i 6000 eventi. 6248 denunce per abuso sessuale, quasi 17 casi ogni giorno. Un dato sconvolgente di per sé che non pconsidera tutto il sommerso, tutto ciò che non arriva nelle aule di tribunale. Secondo Eurostat il 12,7 % di tutti i giovani in Italia abbandona precocemente gli studi, stiamo parlando di 850.000 ragazzi che non completano l’obbligo scolastico. Oltre 13.000 casi di minori sotto custodia della Giustizia Minorile, con reati che vanno da quelli predatori all’affiliazione alla criminalità organizzata. E tutte queste emergenze, vengono trattate con strumenti spuntati, perché spesso la strutturazione degli interventi vive della mancanza dei mezzi necessari. Non ultimo il cattivo stato di salute dei Servizi Sociali, nelle regioni del Sud, pensate che la mancanza di risorse nelle pubbliche amministrazioni non facciano danni? Vorrei chiudere con un minimo di speranza, magari con una frase ad effetto, ma la realtà spesso è noiosa, la realtà è che tutto chiede aiuto, ogni caso va inquadrato con la dovuta capacità, con la dovuta cura. Perché questi bambini non ci hanno chiesto di venire al mondo, siamo noi adulti a doverci prendere cura di loro. Come spesso faccio quando non trovo più il senso di una parola quando è troppo inflazionata vado a controllare la definizione; Futuro è “ciò che sarà o verrà in seguito; che, rispetto al presente, deve ancora avvenire”.