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La sanità italiana non è più di tutti e per tutti

IL DICIOTTESIMO RAPPORTO CREA SANITÀ
Corsia di ospedale

I dati che emergono dal 18° Rapporto di Crea Sanità descrivono la sanità italiana in grande difficoltà: lunghe liste di attesa, carenza cronica di tutte le figure professionali, stress psico-fisico post pandemia, diritti e tutele dei lavoratori ridotti all’osso, chiusure di presidi di medicina territoriale, aumento al ricorso della sanità privata e conseguenti costi aggiuntivi per i cittadini.

La sanità italiana non è più di tutti e per tutti. Al finanziamento della sanità pubblica italiana mancano almeno 50 miliardi di euro per avere un’incidenza media sul PIL analoga agli altri Paesi EU. Di fatti, la spesa sanitaria in Italia dal 2000 al 2021 è cresciuta del 2,8% medio annuo, il 50% in meno che negli altri Paesi EU: per recuperare il passo e garantire la stessa crescita, oltre all’aumento del FSN di 10 miliardi di euro per 5 anni, servirebbero almeno altri 5 miliardi di euro. Per queste ragioni la Uil e la Uil-Fpl ritengono indispensabile ricorrere alle risorse del Mes sanitario per rendere il Servizio Sanitario Nazionale efficace ed efficiente nelle prestazioni ai cittadini. 35 miliardi di euro che sommati ai 20 previsti dal PNRR permetterebbero di stabilizzare i precari, procedere a nuove assunzioni e investire in infrastrutture per una sanità pubblica e universale. È stato un errore gravissimo non aver fatto ricorso a quelle risorse a inizio pandemia ed oggi sarebbe delittuoso perseverare nell’errore. E’ necessario da parte del Governo e del Parlamento un’assunzione di responsabilità nella consapevolezza che oggi la migliore politica economica è una buona politica sanitaria, perché tutte le risorse investite nella sanità hanno anche un riverbero positivo sul sistema economico e produttivo del Paese. Così come è necessario porre fine alle penalizzazioni a danno dei lavoratori dei servizi pubblici: dal 2011 è stato differito il Tfr che viene erogato almeno dopo 2 anni e addirittura se i lavoratori richiedono l’anticipo possono ottenerlo pagando un tasso di interesse dell’1.50%.

Ai lavoratori pubblici non si applica la detassazione della contrattazione di secondo livello e dal 2008 hanno una decurtazione sullo stipendio durante i primi 10 giorni di malattia. Per non parlare del blocco dei rinnovi contrattuali, durato 9 anni, dal 2008 al 2019. La sottoscrizione del contratto del comparto sanità 2019-2021 è stato un passo importante, ma rappresenta un punto di partenza e non di arrivo perché si possa parlare di piena valorizzazione del personale sanitario. Sono stati rivisti l’ordinamento professionale, il sistema degli incarichi oltre all’istituzione dell’area dell’elevata qualificazione. Abbiamo affrontato un lungo confronto sull’indennità di specificità, ma non abbiamo risolto tutto. Infatti, il contratto 2022- 2024 dovrà essere il compimento degli obiettivi e prerogative della UIL-FPL e che non è stato possibile ottenere con le risorse stanziate dalla vecchia legge di bilancio a partire proprio dalla valorizzazione degli incrementi tabellari. Siamo consapevoli che nel nostro Paese i professionisti sanitari guadagnano molto meno che in Europa e che un’inflazione del 10% incide molto sulla gestione della vita quotidiana. Ci aspetterà una nuova e faticosa battaglia perché la manovra finanziaria non ha riservato l’attenzione che ci aspettavamo al Sistema Sanitario e le risorse poste sono davvero insufficienti. Continueremo a lavorare perché si cambi approccio verso il tema salute e affinchè non cali l’attenzione che durante il periodo pandemico a partire dalla politica, ma anche dalla collettività, aveva permesso di riportare sul podio la centralità della salute come diritto universale e non come nota di subordine alla compatibilità economica del Paese. La salute come investimento e non come mera spesa per garantire la dignità di tutte le lavoratrici e i lavoratori del comparto sanitario e socio assistenziale.

Domenico PROIETTI
Segretario confederale Uil