L’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, chiedera’ a Papa Francesco di recarsi nel capoluogo ionico. L’annuncio e’ contenuto nel messaggio che Santoro ha diffuso in occasione della festa del patrono della citta’, san Cataldo.
«La settimana prossima – ricorda nella missiva – i vescovi pugliesi saranno ricevuti dal Santo Padre». Nel messaggio l’arcivescovo parla anche dei problemi ambientali della citta’ legati all’inquinamento causato dall’Ilva e ai rischi per l’occupazione.
Ecco il testo integrale del messaggio del presule tarantino.
«Fratelli e sorelle, siamo di nuovo intorno al testimone, al vescovo San Cataldo per rinvigorire la nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa e per testimoniare il Signore risorto, la fede viva che per le strade della nostra città vuole essere concreta, tangibile; storia di uomini e donne che costruiscono il Regno di Dio, segno di speranza e di vita nuova in tutti gli ambiti e in tutti i cuori.
Secondo una radicata tradizione San Cataldo giunse a Taranto alla fine del VII secolo e guidò la rinascita religiosa e civile della città. Secondo una pia leggenda popolare San Cataldo arrivando a Taranto gettò nel Mar Grande il suo anello episcopale come segno della sua volontà di unirsi indissolubilmente alla città che la Provvidenza gli aveva fatto incontrare. Carissimi fedeli e amici tutti oggi qui riuniti vi è un legame profondo tra la fede della Città di Taranto ed il suo Santo Patrono, San Cataldo. Monaco missionario e pastore. La sua presenza ci conforta anche in questi tempi difficili. Ma quando San Cataldo è arrivato le cose non andavano meglio! In quei secoli la nostra regione e tutta l’ Italia meridionale era saccheggiata da continue scorrerie di Saraceni, Ungari e altri invasori che riducevano tutto a macerie e deserti spirituali. E lui ha ridato speranza a tutti ricostituendo la vita della città dal punto di vista religioso e sociale. Che mezzi aveva, quale strategia usava? Solo la vicinanza del Signore, il suo amore ed il suo abbraccio.
Nella festa di San Cataldo, nostro patrono, nell’Anno della Fede vogliamo confermare la nostra fede che è questo rapporto personale e trasformante con Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza. E questo impulso che nasce dalla sorgente della vita che è l’amore di Cristo per noi deve prolungarsi nella ordinarietà della vita. Diventa dono di sé, amore appassionato al nostro prossimo, solidarietà con il nostro fratello, particolarmente col più povero.
Tutti i giorni c’è gente che bussa alla porta del vescovo; l’altro ieri è persino venuto un avvocato di quarant’anni che dopo dieci anni di servizio si trova senza lavoro e mi chiedeva aiuto, soprattutto per mantenere la sua famiglia. Senza contare gli afflitti di ogni tipo che vanno a cercare il vescovo. Ripeto sempre che non sono l’ufficio di collocamento, ma una parola, un conforto e un interessamento nei limiti delle mie possibilità, c’è sempre per tutti. Quando sono tornato dal Brasile pensavo di aver lasciato lì i problemi della povertà e della crisi invece arrivato qui ho trovato problemi ancora più gravi in questo annus terribilis. La salute, le malattie, il lavoro, la disoccupazione, la crisi economica, senza parlare della crisi politica e istituzionale.
Cogliamo l’ occasione per manifestare da parte di tutta la nostra comunità la solidarietà alle famiglie delle nove vittime del fatale incidente avvenuto nel porto di Genova.
Ma nella crisi conserviamo la fede e la speranza ed abbiamo l’audacia di celebrare la festa del nostro patrono, grazie all’impegno e alla solidarietà di tutti. Perché per noi la festa non è svago o divertimento. La festa è luogo di comunione. Uno spazio indispensabile, umanizzante, nel quale c’è la tensione a superare l’emergenza, i conflitti, e ci impegniamo a vivere una nuova solidarietà.
Ed è dalla bellezza di questo spettacolo di devozione e tradizione che voglio partire perché, al di là dello scoraggiamento per qualsiasi tribolazione, possiamo trovare motivi di speranza.
Andiamo celebrando l’Anno della fede, l’anno in cui riscopriamo, a partire dal deposito del nostro Credo, lo slancio di una nuova evangelizzazione. Anche io, come successore di San Cataldo, come apostolo che il papa ha mandato qui nella Città dei due mari, desidero confermare la fede di ciascuno e farne in questo momento pubblica professione.
Noi crediamo in un solo Dio, Padre Figlio e Spirito Santo, creatore del cielo e della terra e delle cose visibili e invisibili. Per questo crediamo che in Dio non ci sia solitudine ma comunione, fusione di amore e non confusione. Così come crediamo anche che la vita sia dono suo e che noi, sue creature, dobbiamo custodirla ed amarla.
Crediamo che solo Dio può toglierla e che nessuno abbia il diritto di toccarla e di minacciarla. Crediamo che, ad immagine della Trinità, siamo chiamati a vivere e a condividere insieme il mondo, il creato, come dono di Dio e luogo dove essere famiglia di uomini. Perciò nessuno ha il diritto di inquinare e di distruggere la nostra terra, il nostro cielo e il nostro mare. Ugualmente fa parte del diritto alla vita il diritto ad un lavoro degno. Abbiamo sempre rispettato la Magistratura per questo rispettiamo ancora pienamente la sentenza della Corte Costituzionale che coniuga la difesa del lavoro con la difesa della salubrità dell’ambiente e della salute.
Noi crediamo nel Nostro Signore Gesù Cristo che è Verbo di Dio, che per opera dello Spirito Santo si è fatto carne nel seno della vergine Maria, si è fatto uomo. Perciò difenderemo la vita fin dai suoi inizi, proteggeremo le donne da ogni forma di aggressione fisica e morale e non permetteremo a nessuno di far del male ai nostri bambini.
Crediamo nel Cristo che ha patito, è morto ed è stato sepolto. Per questo crediamo che nessun uomo è estraneo a Dio e che Dio sia solidale con gli uomini fino a dare la vita per loro, sulla croce. Per questo chi crede in Lui ha cura degli ultimi, dei deboli, dei poveri, non giudica per non essere giudicato, è misericordioso. Chi crede in Gesù Cristo serve solo Lui e non Mammona, il denaro e qualsiasi altra logica di potere.
Crediamo che Cristo è risorto, per questo, noi fratelli suoi, siamo partecipi della sua vita divina, viviamo orientati alla cose di lassù e professiamo di essere liberi e liberati, che Cristo ha il potere di rimettere i peccati, che, quindi, non ci sono situazioni irreversibili nella vita che con l’incontro col Risorto non possano cambiare.
Crediamo nel Cristo che verrà a giudicare i vivi i morti, che ci giudicherà se avremo avuto cura degli affamati, degli assetati, degli emarginati, degli ignudi, dei carcerati, degli ammalati, degli immigrati
Noi crediamo nello Spirito Santo che è Signore e dona la vita, che è capace di far fiorire il deserto, di rinvigorire le ossa fiacche e che rende l’uomo capace di rispondere alla chiamata di Dio.
Noi crediamo nella Chiesa Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. La grande famiglia di Dio, che pur peccatrice rimane la Sposa bella di Cristo, che in questi mesi è stata segnata dal grande gesto di umiltà e di libertà di Papa Benedetto che ha rinunciato al ministero di successore di San Pietro e ci ha donato la meravigliosa persona di Papa Francesco così vicino a tutti nella sua semplicità evangelica e nel suo amore per i poveri che ci invita ad avvicinarci con fiducia a Gesù e alla Chiesa. Le porte sono aperte anzi spalancate per tutti coloro che desiderano riavvicinarsi a Dio.
Crediamo e speriamo nel mondo che verrà; crediamo nella vita eterna che nell’incontro con Gesù comincia già da adesso e che ci spinge ad incarnare il Vangelo e rendere gli uomini felici. Amen
Amici, ogni credente sia riconoscibile, quindi, dalle sue azioni, dal suo modo di vivere in questa città. È ancora troppo profondo il solco fra le parole e le azioni. È stato un anno travagliato contrassegnato dalla progressiva presa di coscienza di tanti problemi, specie quelli della salute e del lavoro. Ora mi chiedo: e adesso? Passiamo ora dalla protesta alla proposta che è grande responsabilità di coloro i quali sono delegati a questa funzione. La grande partecipazione alle iniziative civiche che si sono succedute denota un’inedita passione civile che ho molto apprezzato; occorre però fare sintesi. La rappresentanza è fondamento della democrazia. Speriamo chei tavoli istituzionali che contano si avvicinino sempre più a Taranto e chi ha la responsabilità pubblica la eserciti effettivamente e per il bene di tutti.
Cari amici, la settimana prossima i vescovi pugliesi saranno ricevuti dal santo Padre, l’amato papa Francesco, per la visita ad Limina. Ho già avuto modo di incontrarlo e di salutarlo chiedendogli di pregare per tutti noi. So già che avete una richiesta da suggerirmi. State tranquilli gliela porgerò. Sperando che i suoi impegni lo permettano, lo inviterò così: Santità, a nome di tutti i Tarantini, dal più piccolo al più grande, gente ricca di fede e di buona volontà, le chiedo di venire a Taranto per infondere speranza nuova a tutti noi.
Preghiamo Maria, Madonna della Salute e il nostro Patrono San Cataldo perché il papa possa dirci di sì».