Ilva ha depositato ieri, in Procura, una nuova istanza per la restituzione dei prodotti finiti e semilavorati sotto sequestro. «L’istanza – spiega l’azienda – arriva dopo la sentenza della Consulta che ha depositato le motivazioni in base alle quali ritiene inammissibili o non fondate tutte le questioni sollevate dai magistrati».
Secondo i legali del siderurgico, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, la procura tarantina «non ha altra scelta che provvedere immediatamente alla riconsegna dei prodotti sequestrati» nel novembre 2012, anche perché il vincolo del sequestro è “illegittimo” dal gennaio scorso, da quando è entrata in vigore la norma “salva-Ilva”.
La legge – è detto nell’istanza della difesa con riferimento all’art.321 del Codice di procedura penale – è chiarissima ed inequivocabile ad imporre al pubblico ministero l’obbligo di procedere immediatamente alla revoca del sequestro ove risultino mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità del sequestro stesso». «A far data quantomeno dal 5 gennaio, data di entrata in vigore della legge – scrivono gli avvocati dell’Ilva – il perdurante vincolo dei beni in oggetto è divenuto illegittimo”.
E sottolineano come «codesta procura si sia assunta una gravissima responsabilità ad impedire la commercializzazione dei prodotti Ilva da 5 gennaio ad oggi con danni di enorme rilevanza». La stessa istanza era stata già respinta dal gip per due volte, su parere negativo della procura. Nell’ultima occasione i giudici tarantini avevano stigmatizzato di non poter decidere senza il deposito della motivazione della sentenza della Consulta sulla legge “salva Ilva”. La parola, ora, passa ai magistrati. Ma la decisione non è da considerarsi scontata. La Consulta non fa un esplicito riferimento ai prodotti sequestrati ma parla di semilavorati prodotti prima del decreto e della legge: “L’intervento del legislatore che con una norma singolare autorizza la commercializzazione di tutti i prodotti, anche realizzati prima dell’entrata in vigore del dl n.207 del 2012 rende esplicito un effetto necessario e implicito della autorizzazione alla prosecuzione dell’attività produttiva, giacchè non avrebbe senso alcuno permettere la produzione senza consentire la commercia-lizzazione delle merci realizzate, attività entrambe essenziali per il normale svolgimento di un’attività imprenditoriale”. Se questo vuol dire ‘liberare’ i coils, lo si saprà a stretto giro.