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Dopo il sequestro, scatta la psicosi stipendi

In fabbrica ora scatta la paura stipendi.

Le voci insistenti di una possibile dimissione del Cda dell’Ilva mette nuova agitazione tra gli operai che, in primis, guardano all’immediato ovvero al prossimo 12 giugno quando dovrebbero essere pagati gli stipendi.

Temono che le ultime vicende possano nuovamente minarne il pagamento.

“E’ la prima domanda che in tanti ci stanno ponendo” conferma Antonio Talò della Uilm Uil.

I sindacati sono chiaramente in prima fila per tutelare gli interessi dei lavoratori che temono il peggio.  “Se davvero dovessero essere confermate le dimissioni chi gestirà la fabbrica? E’ impensabile immaginare di lasciare uno stabilmento di queste dimensioni in mano a nessuno. E’ per questo che insistiamo col dire che tocca al Governo agire. Lo Stato deve farsi garante e traghettare l’azienda”.

Ma mancano solo quindici giorni al pagamento degli stipendi e l’agitazione tra i lavoratori è tanta.

“C’è già chi sta rinunciando a qualche centinaia di euro – conferma il sindacalista della Uilm – e anche un solo ritardo nel pagamento degli stipendi crea inevitabilmente difficoltà agli operai che chiaramente sono preoccupati ed agitati”.

Dovessero non arrivare gli stipendi che fare?
“Non si può pensare di lasciare i dipendenti senza salario. E’ chiaro che una reazione potrà esserci”.

Significa che siete pronti allo sciopero?
“Pensiamo ad un’eventuale mobilitazione ma verso i ministeri perchè, ribadisco, ora l’unico interlocutore resta lo Stato. In questo momento servono garanzie immediate”.

Più cauto Mimmo Panarelli della Fim Cisl: “Siamo in attesa di conoscere le decisioni del Cda dell’Ilva ma è chiaro che se si dimetteranno in massa ci ritroverebbero di fronte un’azienda senza il top manager. Chiediamo quindi che il Governo si faccia carico della gestione dell’Ilva”.

Sugli stipendi la Fim Cisl è più ottimista.
“Se dovessero verificarsi ritardi o mancati pagamenti dei salari – chiosa Panarelli – potremmo leggerli come una provocazione da parte dell’azienda e quindi non l’accetteremmo, ma credo che questa situazione non si verificherà, anche perchè gli operai oggi sono regolarmente in fabbrica e quindi si lavora. Non ci sarebbe ragione per non pagare gli stipendi”.

A stamattina, quindi, tutto era ancora da definire.

Gli operai restano col fiato sospeso in attesa di risposte e soprattutto di garanzie verso un futuro meno precario.