Decine di indagati. Lo stato maggiore dell’Ilva e del Gruppo Riva, ma non solo. Entro la fine di giugno la Procura potrebbe ‘spedire’ gli avvisi di conclusione, chiudendo in questo modo la fase preliminare, per poi passare alle richieste di rinvio a giudizio propedeutiche a quello che per i giudici dovrebbe essere una sorta di maxi processo.
Del resto, tra le imputazioni in carico a Emilio, Nicola e Fabio Riva, a Luigi Capogrosso e Girolamo Archinà c’è quella di “intrattenere costanti contatti al fine di inviduare le problematiche che non avrebbero consentito l’emissione di provvedimenti autorizzativi nei confronti dello stabilimento Ilva Spa concordando così le possibili soluzioni, individuando i soggetti di vari livelli (politico/istituzionale, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero) da contattare, le disposizioni da impartire a funzionari e incaricati di vari uffici, provvedendo anche a concordare in anticipo il contenuto di documenti ufficiali che dovevano essere emanati e indirizzati allo stesso stabilimento Ilva Spa, al fine di ridimensionare problematiche anche gravi di natura ambientale ovvero al fine di consentire al predetto stabilimento la prosecuzione dell’attività produttiva senza il rispetto anzi in totale violazione e spregio della normativa vigente”. Da parte sua, il pool di avvocati dell’Ilva si prepara alla battaglia, con il ricorso contro l’atto con cui il gip ha messo sotto chiave beni mobili e immobili, titoli, conti correnti, partecipazioni, quote azionarie e tutto quello riconducibile a Riva Fire ma non è necessario e indispensabile al funzionamento del sito di Taranto. Il sequestro è infatti effettuato per equivalente in base alla legge 231 del 2001 che riguarda la responsabilità delle imprese e che dal 2011 contempla anche i reati ambientali. Si preannuncia un conflitto legale senza precedenti mentre in Cassazione sbarca l’ennesimo ricorso dei Riva contro gli arresti.
G.D.M.