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Depuratore, dopo i sigilli ora le denunce

Dopo il sequestro del depuratore “Gennarini” in arrivo le denunce. I responsabili risponderanno dei reati di interruzione di pubblico servizio, danneggiamento aggravato di bene pubblico con scarico a mare di cose pericolose, L’informativa redatta dal Nucleo difesa mare della Capitaneria di porto sta per arrivare sul tavolo del pm.

Le indagini avviate dalla Guardia Costiera diretta dal capitano di vascello Pietro Ruberto ora mirano a individuare le responsabilità. Un compito non facile dato che bisognerà distinguere le diverse competenze. L’operazione è scattata al termine di una lunga attività di monitoraggio condotta presso il depuratore, purtroppo già noto agli eventi della cronaca cittadina per episodi più o meno gravi di inquinamento marino causati da mal funzionamento dell’impianto.

La Capitaneria ha accertato lo stato di totale degrado ed abbandono in cui versano tutte le strutture, con assenza della pur minima attività di manutenzione. I militari hanno accertato anche un consistente sversamento a cascata di liquami non depurati, direttamente sulla battigia, con odore nauseabondo.

I sigilli sono, quindi, scattati per l’intero impianto di sollevamento del depuratore per una superficie di 5600 metri quadrati con annesso scarico realizzato su pubblico demanio marittimo su una superficie di 248 metri quadrati e per la condotta interrata estesa tra l’impianto di depurazione e lo scarico in mare per una lunghezza di 4 chilometri. Le opere sequestrate sono state affidate in custodia al Comune di Taranto. Sulla vicenda interviene il Movimento politico Condemi che esprime plauso all’intervento della Capitaneria di porto di Taranto.

“Hanno trovato così conferma- sostengono l’avv. Filippo Condemi e il consigliere comunale Aldo Renna- le nostre ripetute sollecitazioni inoltrate negli anni all’Amministrazione comunale e al sindaco Stefano in particolare, circa il cattivo funzionamento dell’impianto e della condotta sottomarina, con lo sversamento in mare di liquami non trattati adeguatamente.

Ma l’Ente civico, pur essendo proprietario delle opere, nulla ha fatto per sanare questa situazione di grave illegalità e di pericolo per la salute pubblica, ora acclarata dall’intervento della Guardia Costiera. Anzi, ha parlato spesso di inutili allarmismi e persino di terrorismo psicologico. I cittadini e gli operatori turistici della zona sanno ora di chi è la responsabilità”.