Secondo la narrazione corrente i giovani sono abbastanza tranquilli, silenziosi e (secondo l’osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2021, il Mulino, Bologna 2021) hanno seguito, in epoca Covid, le regole e agito in modo responsabile. Nessun problema dunque per le nuove generazioni: non disturbano, né attestano protagonismo negativo; vanno bene perché non contestano e si conformano alle aspettative del mondo degli adulti (!). Indice chiaro, quest’ultimo, che il mondo adulto, specie in Italia, continua a essere portato più a giudicare che a capire. Nei comportamenti silenziosi e talora devianti c’è, difatti, un disagio crescente, misto a insofferenza e incertezza rispetto al futuro.
La pandemia ha fatto pagare alle ragazze e ai ragazzi, al di là della stretta dimensione sanitaria, giustamente attenta ai più grandi, specie agli anziani, un prezzo alto del nostro Paese. Ci siamo dimenticati degli adolescenti, lo spettro anagrafico multimorfico (12-18 anni): pochi progetti, niente viaggi all’estero, niente concerti, rave, discoteche. Restrizioni necessarie, certo, ma poco adattabili alle esigenze di ragazze e di ragazzi. Non solo per l’impatto dei percorsi di formazione e di lavoro, ma anche per le ricadute in termini di benessere psicologico e sociale. Le conseguenze emotive di un periodo “in remoto”, rubato alla scoperta del corpo, della sessualità e della socialità sono davvero gravi. Le ricerche internazionali (Rapporto steso dal gruppo di esperti su “Demografia e Covid” isituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia) mostrano in vari Paesi (in cui i dati sono disponibili) come circa un giovane su tre, durante il primo lockdown, abbia riportato condizioni moderate o severe di stress, ansia, umore negativo, fino a stati di depressione, senso di abbandono e disturbi psicosomatici.
Ulteriori indagini registrano inoltre un aumento dei comportamenti oppositivi, aggressivi e (finalmente!) trasgressivi. I fattori della crescita del disagio sono molteplici: dalle restrizioni sulla possibilità di intergire con i coetanei all’interno e fuori della scuola,di svolgere attività fisica,di fruire di spazi di libertà, di vivere esperienze in cui ci si confronta con il mondo esterno: altro, diverso e differente. Tutti aggettivi carichi di valenze semantiche non questionabili. Non va passato sotto silenzio poi il loro clima familiare, diventato in molti casi più teso da marzo 2020 in poi. I genitori stessi di molti giovani (hanno vissuto e) vivono situazioni di forti difficoltà per i contraccolpi sul lavoro, sul reddito, sull’organizzazione domestica in condizione di convivenza forzata e impegni sovrapposti in abitazioni non sempre adeguate. Molte ricerche documentano un aumento di stanchezza, di insoddisfazione e stress, di dissidi nelle relazioni sia orizzontali che verticali all’interno della famiglia.
E va aggiunta, e non per ultima, la confusione nella gestione dell’emergenza, con messaggi talora non bene veicolati, fughe in avanti e frenate, opinioni contraddittorie tra virologi. Ciò che oggi pesa di più è soprattutto non sentirsi inseriti nei processi di cerscita individuali e collettivi: non essere inclusi in un percorso che nel tempo consenta di dimostrare quanto si vale e di vedere riconosciuto pienamente il proprio impegno (indipendentemente dal genere, dalla famiglia e dal territorio di provenienza). In prospettiva inclusiva, per converso, si pone il grande piano europeo Next generation Eu. Occasione, questa, che va al massimo sfruttata per ripensare e riorganizzare il modo in cui l’Italia progetta il proprio futuro attraverso scelte aggiornate, dirette a mettere le nuove generazioni nelle migliori condizioni (formazione, inserimento nella vita civile e politica, creazione di opportunità per crescere) perché possano diventare gli attori-protagonisti dei processi di produzione di benessere degli anni a venire.
Cosimo Laneve