Già dal titolo di questo libro di Antonio Liuzzi intitolato “La terza stagione” (ed. La casa del Libro, cioè Mandese), si è inondati, per associazione di idee, dalla musica di Antonio Vivaldi, precisamente dal terzo dei quattro concerti solistici “Le quattro stagioni”. Il terzo concerto corrisponde all’autunno, stagione di pampini e vendemmie, raccolti abbondanti e serenità di vita. Così Antonio Liuzzi, giunto alla completa maturità di uomo e di poeta, si è raccontato in versi per la terza volta; ha raccontato con calma voce poetica i suoi affetti, i suoi pensieri, i suoi ricordi, ricchi dei valori cristiani che hanno illuminato la sua vita fruttuosa e feconda di studi e di successi; valori che gli hanno dato la certezza della fede e gli hanno strutturato un pensiero forte, diametralmente opposto al pensiero debole del postmoderno. Per la terza volta, dicevo, perché questo poeta ha scandito finora le età della sua vita con i libri di poesia.
Se la “terza stagione” corrisponde alla piena maturità, le due precedenti raccolte, “Sapore di vita” e “Agave” (1998), corrispondevano alla primavera e alla piena estate, cioè alla prima giovinezza e alla giovinezza attardata. Tre stagioni di vita come tre movimenti musicali. Allora, se vogliamo far corrispondere la vita a un anno solare, diciamo che Liuzzi si trova a un inizio luminoso di settembre, quando la luce è ancora piena e i giorni sono ancora lunghi, ma il sole splende senza la furia della canicola. Non a caso la seconda lirica del libro intitolata “La terza stagione” racconta la dolcezza elegiaca di una sera settembrina: “Dolce silente sera settembrina/avvolta in un cielo azzurro/ distilli come languidi frammenti/ ore ancor calde di sole…Alcuni versi di questa lirica sono ripresi in quarta di copertina: “(…) Questa sera s’avverte/qualcosa di nuovo che traspare / nel lento e delicato cadere / delle prime foglie ingiallite/ che si adagiano lievi/ come un tappeto sotto i nostri passi./ Muti ci guardiamo/ con un’ombra appena accennata/ che attraversa i nostri occhi loquaci./ con arcano linguaggio/ questo vento leggero ci annuncia/ la terza stagione della vita.”
E noi avvertiamo, nel ritmo avvolgente di questi versi, una lontana eco dei versi pascoliani: “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico…” D’altronde Liuzzi, professore di Italiano e Latino, ha la giusta cultura letteraria per esprimersi, per trovare, cioè, le parole adeguate ai pensieri e ai sentimenti; in particolare, nella sua poetica si avverte la lezione di padre Turoldo, di Mario Luzi e di un ermetismo filtrato dalla luce della “terza stagione”. C’è molta luce, infatti, in queste liriche, soprattutto, giungono a folate gli echi di Pascoli, D’Annunzio e dei classici italiani, specie della linea lombarda (Rebora), per l’ampia armonia che alita nei versi. Le liriche sono colme di colori caldi e intensi, colori di oro brunito e verde scuro, di corteccia e sottobosco. La copertina del libro è corredata, infatti, da un olio su tela di Alba Liuzzi (figlia di Antonio) che ha rappresentato con un’immagine le parole del padre: una strada cerulea che corre verso l’infinito lungo due fila di alti alberi carichi di foglie color ruggine e verde smeraldo. Un paesaggio simbolico di settembre. Per inciso, la strada continua verso un punto lontano: la terza stagione, infatti, non è la quarta e nemmeno la quinta. Ora, se compiamo una lettura comparata fra i tre libri, rimaniamo colpiti, prima di tutto, dalla continuità della poetica, che possiamo definire “poetica dell’etica”, e dalla coerenza di stile e di pensiero che è poi il riflesso della coerenza di vita di un uomo autentico e serio, come poeta, come padre di famiglia (e nonno), come cristiano impegnato nel sociale e nella vita culturale dove Liuzzi apporta il suo fondamentale contributo di studi e di testimonianza. Una vita senza ombre.
E mi piace ricordare che Antonio Liuzzi è socio attivissimo e Membro del Direttivo della Società Dante Alighieri, per la quale ha tenuto molte ed eccellenti Lecturae Dantis, è Cavaliere dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, curatore di numerose rubriche religiose e letterarie per Radio Cittadella, “Dialogo” e “Nuovo Dialogo” e vincitore di numerosi premi fra i quali, nel 2014, il “Cataldus d’Argento” e il Saturo d’Argento. Liuzzi è stato, inoltre, Presidente Diocesano di Azione Cattolica e Priore dell’antica e nobile Confraternita Maria SS. Addolorata e San Domenico di Taranto: un’esperienza, questa, che si riverbera nell’ultima lirica intitolata “Settimana Santa a Taranto”, sintesi di tutti i valori della tradizione e della tarentinità. Professore e poeta, Antonio Liuzzi, per la sua perfetta coerenza tra azione e pensiero di matrice cristiana, in perfetto e umanistico equilibrio “tra cielo e terra”, dimensione orizzontale e spinta verticale, pur in “tempi smarriti” quali sono i nostri, per tutto questo, insomma, ci ricorda l’esempio di vita morale di Parini e a Parini, infatti, è dedicata una lirica, come pure un’altra è dedicata a Manzoni, di cui Liuzzi ha visitato le case in pellegrinaggio laico. Queste liriche sono inserite nella sezione “In itinere” , racconti di viaggi, anzi di suggestioni visive e culturali suscitate da alcuni luoghi legati alla memoria di antichi scrittori. Le sezioni della silloge sono sei: “La terza Stagione”, “Amori senza tramonto”, “Opinioni e verità”, “Tempi smarriti”, “Fra cielo e terra”, “In itinere” ed “Epilogo”. Le liriche che a me hanno dato maggiore emozione sono quelle di “Amori senza tramonto”, cioè gli amori veri, intramontabili, che durano tutta la vita: l’amore per la famiglia, per le figlie e le nipotine, Rebecca e Julie, alle quali con tenerezza di nonno Liuzzi ha dedicato “La terza stagione”, libro ricco della sua umanità, della sua cultura letteraria e della sua sensibilità di poeta. Ma la più bella lirica fra tutte le altre, pur belle, è quella dedicata alla moglie, che esprime con chiarezza e colta verità “l’amor coniugale”, in una perfetta sintesi di valori etici, affinità di pensiero e cristiana “dilectio”.
Mi piace ricordare Dante che esaltò Nella Donati, esempio di Beatrice domestica, la moglie virtuosa che dona salvezza, nonché garante di affetti saldi e veri. E’, questo, l’amore vero, “senza tramonto”, vissuto in una dimensione del sacro che purtroppo si va perdendo in questi tempi senza bussola e senza coordinate. E alla sua Beatrice Liuzzi dedica questi versi che ogni moglie vorrebbe fossero dedicati a lei: “Delle strade che insieme/ da tempo percorriamo/ nel cuore è raccolto/ un rosario di ricordi,/tesoro della nostra vita./Nei miei passi è impressa/ l’orma dei tuoi,/ nel tuo respiro il soffio/ della mia anima./ Un filo sottile dipanato/ dalle tue virtù guida il mio cammino/ nei caotici sensi del viver quotidiano./ Sono le parole che il tuo cuore/ distilla nella mia mente/ imprimendo una tenace risonanza / che vibra anche quando un apparente/ silenzio cela solo una falsa indifferenza./ Dieci lustri d’amore/ modulati in un’unica melodia/ sono partitura di accordi senza fine/ tesi oltre la virata della vita./ Come in preghiera, sommessamente/ dischiudo le mie labbra ogni sera/ a ringraziare nell’ora di compieta/ che grazie a te sulla terra/ ho raggiunto la mia meta.” Il libro si avvale della presentazione di un ex alunno di Antonio Liuzzi, Rosario Tronnolone, giornalista di Radio Vaticana, attore e regista, mentre la postfazione è firmata dall’editore Antonio Mandese. Da leggere la recensione di Paolo De Stefano, pubblicata su Taranto Buonasera il 3 maggio scorso che della poetica e del poeta ha spiegato, da par suo, valore e profondità di pensiero.