L’ultimo impegno, poche ore prima di morire, a Campi Salentina per La Città del Libro: un incontro con le scuole, per parlare di caporalato ed immigrazione in Puglia. Due temi che gli erano cari, una platea di ragazzi, l’analisi profonda, coraggiosa, dei fenomeni sul territorio. Ecco, basterebbe questo per capire chi fosse Alessandro Leogrande. Quarant’anni, scrittore, giornalista, collaboratore tra gli altri di Rai Radio 3, Corriere del Mezzogiorno, dorso regionale del Corriere della Sera, ed Internazionale, Leogrande è morto ieri a Roma, dove era tornato dopo l’impegno salentino.
A causare il decesso sarebbe stato un malore.
Viveva nella Capitale, Leogrande, ma non aveva mai reciso il cordone che lo legava con Taranto, città natale che era rimasta la “sua” città. Qui aveva iniziato il suo impegno intellettuale, civile e politico, nel senso più alto del termine; sempre con il coraggio delle proprie idee, anche quando erano lontani dalle mode. Di Taranto e su Taranto Leogrande ha scritto e parlato sempre, prendendo posizione, mettendoci la faccia; e la mente, «una delle più belle che abbia mai conosciuto» per usare le parole dello scrittore martinese Mario Desiati. La sua formazione Leogrande la doveva (anche) al Liceo Archita, palestra di pensiero, nelle aule di quel Palazzo degli Uffici che resta oggi velato dai teli che ne coprono la tristissima e vergognosa decadenza. «Sarebbe giusto intitolargli una sala: mi impegno affinché, a lavori finiti, ci sia uno spazio che lo ricordi. Proprio lì, nel liceo dove si è formata la sua cultura, la sua personalità» ha dichiarato il sindaco Melucci. Tra le opere principali dell’intellettuale scomparso si ricordano “Un mare nascosto” (L’ancora del Mediterraneo), “Le male vite: storie di contrabbando e di multinazionali” (Fandango), “Nel paese dei viceré: l’Italia tra pace e guerra” (L’ancora del Mediterraneo), “Uomini e caporali: viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud” (Mondadori), “Il naufragio, morte nel Mediterraneo” (Feltrinelli) e “La Frontiera” (Feltrinelli). Ad annunciarne la morte è stato, su Facebook, il padre Stefano, che ha ricordato Alessandro come «uomo di grande fede nel Cristo e nell’ uomo. Tutto questo l’ha portato, già da giovanissimo, nello scoutismo e successivamente nei campi di volontariato della Caritas Diocesana di Taranto in Albania e, come giornalista e scrittore, si è impegnato in difesa degli ultimi e dei ferocemente sfruttati nei più diversi contesti».
Ecco, a dare – solo in parte – la misura di quanto Leogrande fosse universalmente stimato possono essere i commenti, sgomenti, arrivati da parte delle personalità più diverse, appartenenti al mondo della cultura, della politica, del sociale, delle professioni. Impossibile elencarli tutte. Particolarmente significativo però quello di Angelo Mellone, dirigente Rai tarantino. «Un grande avversario intellettuale. Eravamo separati da quello che lui definiva il mio ‘sudismo nazionalista’, e divisi sull’eredità spartana di Taranto. Ma tra noi c’era grande rispetto reciproco, e intesa sulla scompostezza con la quale in molti hanno trattato la questione acciaio. Leogrande era un intellettuale puro, come tanti che la Sinistra ha saputo produrre. Una figura, quella dell’intellettuale puro, che oggi non esiste più».