Ad Enzo Lippolis non è
stato consentito raggiungere una feconda
vecchiaia; una di quelle in cui tirare
le somme di una eccezionale carriere
di archeologo militante e di professore
universitario; di divulgatore e di autore
di libri importanti; di organizzatore delle
attività scientifiche del più importante
centro italiano di studi antichistici, il
dipartimento di Scienze dell’antichità
dell’Università di Roma – La Sapienza,
giunto dopo un quinquennio della sua
guida al primo posto fra le istituzioni universitarie
di studi classici nella classifica
internazionale Q-S stilata col concorso
determinante dei più rinomati Atenei
del mondo.
L’Archeologia non è come il calcio o
l’atletica leggera, e nemmeno come la
Matematica; nelle Scienze dell’antichità
il progredire dell’età non fa affievolire le
energie, spegnere l’acume intellettuale e
meno che mai il vigore immaginativo e
creativo: per questo, oltre che sul piano
umano, la perdita di Lippolis è stata grave
sul piano scientifico.
Si pensi solo alle
ricerche che stava conducendo a Saturo,
considerato generalmente uno scalo
miceneo dove i Parteni ebbero primo
approdo e primo insediamento provvisorio
prima di muovere guerra a Taras
(già esistente, con il suo nome, che non
è greco) come villaggio iapigio.
Da quelle campagne di scavo e ricerche,
non ancora organicamente ordinate
e sistemate, sembrava emergere per
esempio una forte retrodatazione di un
insediamento stabile a Saturo; ma questo
potranno dircelo i suoi collaboratori.
Il suo acume scientifico, invece, non ci
potrà essere restituito.
Come la sua umana disponibilità e capacità
di comunicare: che è una virtù
distinta dalla cultura e dalle capacità
intellettive.
Di comunicare con i suoi
studenti ma anche con i borsisti dei
convegni Magna Grecia, con giornalisti
di formazione tutt’altro che antichistica,
col pubblico delle conferenze divulgative,
e persino con gli studenti ginnasiali
(tredici/quattordicenni…) del suo vecchio
liceo, l’Archita, coi quali si intratteneva,
a margine magari degli scavi a Saturo…
Enzo Lippolis non potrà invecchiare
continuando ad imparare, come faceva
Solone, uno dei Sette sapienti dell’Ellade
antica. Ma la sua morte precoce – sessantatrè
anni oggi non è la vecchiaia – se gli
ha vietato nuove scoperte e nuovi studi
non ha sminuito la sua statura, unanimemente
riconosciuta nel campo degli studi
antichistici ed in quello, più ampio, della
cultura tout court.
Non a caso, appena
cinquantenne, nel 2005 si vide insignire
dall’Accademia dei Lincei del premio
alla carriera.
Taranto che gli ha dato i natali, che l’ha
visto studente dell’Archita, giovane archeologo
nella Soprintendenza (prima
che una sciagurata riforma sopprimesse
le Soprintendenze archeologiche e riportasse
Taranto “in provincia di Lecce”
nella localmente istituita Soprintendenza
mista di Archeologia belle arti e paesaggio)
e direttore del Museo nazionale
archeologico, che l’ha visto tornare per
i Convegni Magna Grecia e per campagne
di scavo, è stata assente, a livello di
istituzioni, nel momento della scomparsa.
Può rimediare: provvedendo ad intitolargli
immediatamente, senza attendere i
canonici dieci anni dalla scomparsa (per
personalità di indiscutibile rilievo e particolari
benemerenze si può fare), una strada
o una piazza. Non un mozzicone o un
tratturo, possibilmente.
E nel frattempo,
come ha suggerito Angelo Conte, bene
farebbe il MArTa (il Museo archeologico
tarantino il cui progetto di riallestimento,
prima tappa verso il MArTa, fu proprio
opera di Lippolis) a dedicargli la sala
convegni. Perché abbiamo il dovere di
non far cadere l’oblio sugli uomini e le
lodevoli imprese che hanno fatto onore
alla nostra terra.