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Candelora, si friggono le ultime pettoleSI FRIGGONO LE ULTIME PETTOLE

Nelle chiese vengono disfatti i Presepi e si canta per l’ultima volta l’Inno a Gesù Bambino
Candelora

Apriamo la nostra rubrica, ideata e curata dal prof. Antonio Fornaro, con i santi della settimana: Giovanni Bosco, Ciro, Brigida di Irlanda, Caterina dei Ricci e Biagio che sono relativi all’arco temporale che va dal 29 gennaio al 4 febbraio. Questi i detti della settimana: “Chi si inquieta troppo, muore prima”, “Della Candelora l’inverno è fora”, “I debiti si pagano e i peccati si piangono”, “Chi scialacqua il denaro, subito si riduce in povertà”, “Non serve essere vantato dagli stupidi”, “Adesso ti liscio il pelo”, “Un cafone sopra il fico non conosce il padre e nemmeno l’amico”.

Giuseppe Cravero ci ricorda questa settimana due effemeridi: il 3 febbraio 1929 a Taranto ci fu una grande nevicata e la temperatura raggiunse 4 gradi sotto zero. Il 4 febbraio 1872, all’alba, apparve uno strano effetto luminoso nel cielo. I tarantini si spaventarono, pensarono alla fine del mondo, alcuni corsero a confessarsi, altri badarono a giocare i numeri al Lotto. Chi si confessò vide assolti i propri peccati, chi tentò la fortuna al Lotto restò purtroppo deluso. Fornaro ricorda ancora che il 3 febbraio 1856 furono inaugurate al Borgo Umbertino le strade intitolate a San Ferdinando, a Maria Teresa, a San Francesco e a Santa Sofia; il 4 febbraio 1916 fu varato il rimorchiatore “Villa Cortese” costruito nel Cantiere Navale Tosi di Taranto. Il 30 gennaio 1922 nasce la rivista mensile della Università Popolare, Nazario Sauro, intitolata “La fiaccola”; il 31 gennaio 1471 Re Ferrante con decreto regio vieta l’importazione di vino; il 3 febbraio 1912 esce il giornale di satira, politica e cultura “Don Finanicchio”; il 30 gennaio 1196 Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, diventa principe di Taranto.

Questi gli approfondimenti di Fornaro. Il primo riguarda San Giovanni Bosco che ha legato il suo culto a Taranto dal 1925 quando due sacerdoti salesiani iniziarono il loro apostolato nella Chiesa del Sacro Cuore. Sono stati numerosi i sacerdoti formati a Taranto dai salesiani ma anche importanti uomini della politica locale. Il secondo riguarda San Ciro, patrono dei grottagliesi e dei malati i cui festeggiamenti sia religiosi che civili. Il culto di San Ciro a Grottaglie fu portato nel 1707 dal Santo gesuita grottagliese Francesco de Geronimo. Fu eletto patrono di Grottaglie nel 1780. Si racconta che San Ciro scoprì chi di notte aveva rubato gli ori dalla sua statua e il ladro fu portato in giro su un somaro, fu frustato e deriso dal popolo. San Ciro fu bruciato con fiaccole e questo è il motivo per cui il 30 gennaio si costruisce il grande falò. I grottagliesi chiamano San Ciro con il soprannome di “marocchino” per la sua pelle scura. Viene venerato a Grottaglie, Napoli, Portici, Vico Equense, Marineo in Sicilia e Villa Castelli. Il primo proverbio dei tre sul Santo ricorda l’episodio del ladro, il secondo invita a guardare il grande falò e il terzo dice che San Ciro è ‘barba bianca’ per ricordare che tradizionalmente il 31 gennaio a Grottaglie fa molto freddo. San Biagio si festeggia il 3 febbraio a Carosino e non soltanto. È patrono delle malattie della gola perché salvò un ragazzo che stava soffocando con una lisca di pesce. Il 3 febbraio nelle chiese vengono poste sotto la gola dei fedeli due candele incrociate per implorare l’intercessione del Santo. A Milano il 3 febbraio è consuetudine mangiare una fetta di panettone appositamente conservata dal giorno di Natale.

San Biagio è patrono di Carosino e Avetrana, Ostuni e Corsano in provincia di Lecce. Nel 1908 il Pontefice proclamava San Biagio patrono principale di Carosino. Il Santo viene festeggiato anche a Castellaneta e Palagianello dove c’è la grotta con l’acqua miracolosa del Santo. L’ultimo approfondimento riguarda la Candelora, che si richiama alla festa romana in onore di Giunone Februata. La Candelora è il giorno in cui nelle chiese vengono disfatti i presepi e si canta per l’ultima volta l’Inno a Gesù Bambino. A Taranto per tradizione il 2 febbraio si friggono per l’ultima volta le pettole. Dal punto di vista meteorologico la Candelora fa da spartiacque tra la prima e la seconda parte dell’inverno; infatti un detto recita che “Della Candelora dell’inverno siamo fora ma se piove o tira vento dell’inverno siamo dentro” e i tarantini aggiungono che comunque mancano dal 2 febbraio quarantasette giorni per il termine dell’inverno. Secondo la legge mosaica la donna che partoriva un figlio maschio restava per 7 giorni a casa e per gli altri 33 veniva esclusa da ogni forma di culto. Soltanto a 40 giorni dal parto presentava il bimbo al tempio e offriva un agnello di un anno e un paio di colombe. Il 2 febbraio nelle chiese vengono benedette le candele che i fedeli portano, poi, alle loro case e sistemano al capezzale del letto per accenderle quando in casa c’è un moribondo, per allontanare un temporale o per preservare i campi dalla distruzione.