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Il Vivendier, raccolta di ricette dal primo ‘400 francese

Una sorta di taccuino ad uso personale
Le pont Valentre

Nella prima metà del XV secolo, fra il 1420 ed il 1440, nell’area a cavallo tra la Francia del Nord Est e le Fiandre, un anonimo annota un po’ alla rinfusa, all’interno di un grosso tomo che include trattati di medicina, di farmacologia e di astrologia in Latino (pochi) ed in antico Francese, 66 ricette in Francese sotto il titolo “Le Vivandier”, “Il Vivandiere”, sinonimo di quel trecentesco “Viandier” attribuito a Taillevent, quando ancora “viande” significava “vivanda” in genere, e non solo pietanza di carne. Sono ricette ramazzate qua e là in testi d’area francese o francofona (qualcuna dal libro di Chiquart, per esempio), annotate in forma estremamente semplice: una sorta di taccuino ad uso personale, senza alcuna pretesa di organicità né di ostentazione; vi mancano infatti le ricette di grand complications come il Castello d’amore di Chiquart o il biancomangiare di quattro colori, le torte parmesane, il pastello volativo, anche se non manca qualche piatto a sorpresa, come il trucco per far “cantare” un galletto arrostito…

Uso personale, dicevamo, non di un cuoco di una grande casata: con i piatti scenografici mancano infatti quasi del tutto le maestose “torte” così presenti nei ricettari medievali, mentre molte sono le salse e le minestre. La ricetta d’apertura porta il curioso nome di “Barbe Robert”: è una salsa a base di acqua e burro portati ad ebollizione; a questo punto si aggiungono vino, mostarda, agresto e spezie (nella quantità e nella “forza” che preferite), continuando a far bollire; nella salsa si aggiunge un galletto a pezzetti, che dopo una breve lessatura si tirano fuori e di arrostiscono; si servono ricoperti dalla salsa, che intanto è stata colorata di giallo con lo zafferano. Una variante più ricca dell’oeuf poché (ovvero uovo in camicia, che si ottiene versando in acqua acidulata bollente un uovo crudo sgusciato): si fa soffriggere in burro prezzemolo finemente tritato, si aggiunge un misto di acqua e agresto e si porta a bollore; si versa parte della salsa in un capace vassoio fondo, vi si versano le uova crude sgusciate e si ricoprono col resto della salsa bollente.

Due curiose ricette “italiane”, a differenza di molte altre non presenti in altri testi di cucina medievali. “Votte lombarde”: prendete uova fresche, formaggio morbido finemente grattugiato o a pezzettini, panna non pastorizzata ( il Vivendier parla di “crème fraîche”, che oggi indica un tipo particolare di panna acida, condimento abbastanza usato in Francia, moltissimo nei Paesi dell’Est, dove è anche chiamata salsa Smetana; nel Medio Evo per quanto fresca un leggero inacidimento della panna insorgeva prestissimo), vino, cannella, zucchero; mescolate energicamente il tutto e versate in un pentolino contenente burro fresco caldo, portato a fusione, mescolando continuamente perché il tutto non bruci. “Vermicelle de Sicile”: sono una pastina, non i nostri vermicelli, ma rispettano maggiormente il nome da cui derivano: “sono di pasta, e sono sottili come i piccoli vermi che si trovano nel formaggio”. E sono siciliani: perché fu dalla Sicilia che le paste alimentari secche si diffusero in Europa. I vermicelli li preparano le ragazze, e li mettono a seccare al sole, perché si possano conservare: si cuociono in un buon brodo grasso con molto zafferano, e quando si servono si spolverano di formaggio grattugiato. “Amplummus”: piatto imparentato (nel nome) a vivande inglesi e tedesche di “mele bollite”; alcuni studiosi lo definiscono “una specie di cotognata”: evidentemente, non hanno mai assaggiato la cotognata.

Si tratta in sostanza di mele cotte un po’ più complicate e condite. Si mettono a bollire in acqua fresca pezzi di mela sbucciata; quando sono ben cotti, si scolano e si friggono in buon burro fresco. Si aggiunge un composto di panna non pastorizzata, rossi d’uovo ben battuti, zafferano e sale (non è specificato se si debba continuare in qualche modo la cottura). Nel momento di servire, aggiungere abbondantemente zucchero e cannella. “Soupe Chamberlain”: un piatto invernale ancora in uso, con leggere varianti, soprattutto nei villaggi di montagna. Abbrustolire grosse fette di pane bianco e farle inzuppare di vino. Mettere sul fondo di capienti scodelle. Aggiungere zucchero o grosse pastiglie di zucchero speziato e versarvi sopra vino bollente aromatizzato con zenzero e cannella. Uova farcite. Si preparano uova sode, si sgusciano e si tagliano a metà; si pestano i tuorli e si aggiungono ad un composto di panna non pastorizzata, prezzemolo, e formaggio morbido ben tritati, il tutto fatto cuocere nel burro fuso; al tutto si aggiunge polvere del Duca (miscela pronta di spezie dalla composizione variabile; in genere con zucchero in polvere, zenzero, pepe lungo, galanga, grani di paradiso, cannella; la ritroveremo in due varianti nel Llibre per coch di Mestre Robert) o zucchero e cannella. Si riempiono i bianchi d’uova con questa farcia e si ricompongono le uova con fili di cotone, mettendole a friggere, infarinate se si vuole, nel burro bollente.