Immaginate di aver perso la vista, e di dover affrontare senza poter vedere le mille piccole incombenze della vita quotidiana, quelle che consideriamo alla stregua di automatismi, come il battito cardiaco o il respiro, o quasi. Immaginate, per esempio, di dover compiere facili, semplici gesti – niente di complicato… – come quelli legati alla consumazione (non alla preparazione, che anche per molti normodotati è operazione troppo difficile, fuori portata) di un pasto. Immaginatevi a casa, con un parente ad assistervi, che vi accompagna a tavola, dopo averla apparecchiata, vi fa sedere e vi porge i piatti. Dovete solo mangiare e bere.
Be’, si può fare anche senza vedere; con un pochino di difficoltà, ma in fondo è semplice; quasi come versarsi un bicchier d’acqua e berlo, no? No. Persino “saltando” tutte le altre fasi (cucinare, apparecchiare la tavola, portare i cibi dagli alimenti nei piatti eccetera), mangiare per un cieco è un compito difficoltoso e faticoso. E per dare un “assaggio” di quanto questo incida nella vita quotidiana, anche nelle esigenze più elementari, da molti anni i Lions (ed i Leo), paladini della vista fin dal 1925, accogliendo l’invito di una pioniera della lotta alla disabilità, Helen Keller, organizzano in collaborazione con l’Uic, Unione italiana ciechi (oggi Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti) le “cene al buio”, con la duplicità finalità di raccogliere contributi per interventi di sostegno a ciechi ed ipovedenti e di sensibilizzare i normodotati ai problemi che il disabile (il cieco, in questo caso; ma esiste anche, sempre promosso da Lions e Leo, il progetto Kairòs che fa sperimentare al normodotato altri tipi di handicap sensoriale) affronta nella vita quotidiana. Per un modo diverso di vivere la penitenza quaresimale, fornendo anche una prova concreta di fraterna carità cristiana, all’interno del programma di solidarietà di Lions, Leo e Cuccioli del Taranto Aragonese, che si svolge in collaborazione con la Caritas parrocchiale del Santissimo Crocifisso (raccolte alimentari nei supermercati ma anche risparmio sulla spesa per l’alimentazione devoluto poi al sostegno di famiglie in stato di bisogno), il Lions club Taranto Aragonese (presidente Francesca Donnaloia) ed il Leo club Taranto Aragonese (presidente Federico De Martinis) hanno organizzato, in collaborazione con la sezione di Taranto (presidente Maria Lacorte) e con quella regionale pugliese dell’Unione ciechi una cena al buio, che ha trovato la piena collaborazione e generosa disponibilità del ristorante Marc’Aurelio, in via Cavour.
All’iniziativa han preso parte il governatore del distretto Lions pugliese, Roberto Mastromattei, con la moglie, ed il presidente del distretto Leo, Stefano Galantucci. I 73 partecipanti (il massimo che la struttura potesse contenere) sono stati accompagnati da volontari ciechi nel buio più assoluto (ottenuto con una sorta di doppia porta realizzata con tendaggi e facendo spegnere telefonini ed occultare orologi) in sale di cui ignoravano la conformazione e fatti accomodare ai tavoli; dinanzi a loro posate, tovagliolo, un bicchiere, bottiglie d’acqua e brocche di vino. Spaesamento. Per quanti alla prima esperienza anche un po’ di timore e disagio (in precedenti cene al buio, colpiti da claustrofobia e attacchi di panico, alcuni convitati abbandonarono il convito per riemergere alla luce), alleviati dalla conversazione con i vicini; resa però difficoltosa dal brusìo proveniente dai vari tavoli.
Un piccolo saggio di quel che provano i ciechi in luoghi affollati, quando l’udito, loro principale senso, viene confuso dal rumore di fondo. Tentativi di versarsi da bere, magari con un dito nel bicchiere per evitare che il vino o l’acqua trabocchino (cosa che comunque accade a più d’uno) e ricercando cooperazione nei vicini per passarsi la bottiglia, a tentoni. Imparando il valore della collaborazione solidale. Arrivano i piatti. Che ci sarà dentro? L’olfatto e il gusto non bastano, conferma che la vista gioca un ruolo non indifferente anche nella percezione dei sapori (persino per quel che riguarda il vino, pochi si son sbilanciati se rosso, bianco, o rosato). Nel piatto dell’antipasto ci sono degli affettati, facili da infilzare con la forchetta (ma molti si aiutano con le mani), ma pochi distinguono quali siano; parte la caccia alla mozzarella ed alla frittata. Col primo i problemi si fanno più seri. Qualcuno pensa di aver individuato dei funghi, ma si tratta di paccheri. Le mani non possono sostituire le posate, ma in qualche modo (e con qualche schizzo) anche il primo va in archivio; parte la caccia a patate e fettine di arrosto, ma il bello viene col dolce, sormontato da un po’ di panna che decora il viso dei convitati. Si accendono le luci: nessuno aveva individuato la disposizione dei tavoli, le voci avevano tratto in inganno. Un’esperienza forte: “capiamo un po’ di più”, dicono in molti. Una esperienza gustativa particolare. Un forte gesto di solidarietà (raccolti 730 euro, devoluti all’Uic).