L’inizio delle solenni Via Crucis delle confraternite del Carmine e dell’Addolorata, nella prima domenica di Quaresima, offre l’opportunità di ricordare l’impegno del prof. Giovanni Gigante nella ricerca e valorizzazione dei canti tradizionali della Settimana Santa. Egli è stato anche direttore del coro “Centro storico” da lui fondato alla fine degli anni sessanta in San Giuseppe e che, dopo molti anni in San Domenico, fino a qualche tempo addietro ha prestato servizio in cattedrale. La sua corale si è anche esibita in diverse edizioni de “La Passione a Taranto” in San Domenico, quale vetrina per presentare anche i risultati delle sue ricerche.
Il prof. Gigante (il papà, Nicola, fu secondo assistente al Carmine con Pietro Bianchi Caramia quale priore) racconta di essere stato il primo a introdurre il coro nella Via Crucis, all’inizio degli anni settanta in San Giuseppe (al Carmine i canti
accompagnati da un’orchestra). L’allora priore dell’Addolorata Saverio Blasi ascoltò le esecuzioni e invitò il maestro Gigante con il suo coro alla funzione quaresimale in San Domenico. Il successo fu tale che anche al Carmine ci si decise per questa novità.
“Per tanta gente – sottolinea – la Settimana Santa è sinonimo di marce funebri, ma non è così. In molti centri pugliesi le processioni si svolgono anche fra i canti del popolo, con la banda che spesso ha funzioni di accompagnamento. A Castellaneta, per esempio, viene cantato soprattutto l’”Inno a Cristo Morto” di Cacace al quale ho riservato una lunga ricerca tra gli anziani della Città Vecchia per ricostruirne i versi dialettali”. Il canto fu presentato a “La Passione a Taranto”, così avvenne anche per “Vèrgena Sande” sulle note di “Maria SS.Addolorata” di Ventrelli.
possesso di un libretto, risalente al 1865, dal titolo “L’anima che contempla i Dolori di Maria” con alcuni antichi canti sulla Meditazione dei Sette Dolori, la tradizionale funzione del Venerdì di Passione in San Domenico, edito ‘…per conto della Venerabile Confraternita di Taranto sotto il Titolo di Maria SS. Addolorata’ dalla ‘Tipografia nazionale di Antonio Liuzzi’ di Taranto. “Il libretto –spiega – si trovava a casa di uno dei suoi coristi, Andrea Riondino (recentemente scomparso), mentre un altro, Antonio Pacifico, era in possesso di una ristampa del 1923. A ogni ‘Dolore’ corrisponde un canto appositamente scritto. E così alla profezia di Simeone, alla fuga in Egitto, allo smarrimento di Gesù nel tempio, all’incontro sulla via del Calvario, alla morte in croce di Nostro Signore, alla lanciata e deposizione, alla sepoltura (appunto i Sette Dolori) corrispondono rispettivamente i brani: “La fatidica parola”, “Empio erode”, “Per tre giorni lacrimando”, “Più non regge il Figlio amato”, “Fra le ambasce semiviva”, “Sommo è ver il tuo dolore”, “L’han schiodato”. Sconosciuto l’autore dei versi ma non quello della musica. Francesco Calia, vissuto nel 1800 ma del quale manca una biografia approfondita”.
La fervorosa attività di ricerca ha anche riguardato i canti de “Le Sette Parole” della omonima funzione. Il prof. Gigante chiese a Nicola Pavese, allora commissario arcivescovile dell’Addolorata, di ripristinare la funzione in San Domenico e la proposta fu accettata. Avrebbe voluto che le letture fossero accompagnati dai canti composti da Falgheri ma non riuscì a ottenere gli spartiti. In compenso ebbe la disponibilità delle musiche del gesuita Giampieri, che furono subito apprezzate.
Fra i brani ritrovati anche uno “Stabat Mater” di Nigri, a suo dire
davvero delizioso e alcune marce funebri dimenticate, come “La Veronica” di Francesco De Benedictis, i cui spartiti (una trascrizione per organo del 1909 del violinista Carlo Ciaccia) furono rinvenuti nel 1985 in uno scantinato, “Vexilla”, sempre di De Benedictis (recentemente rielaborata dal maestro Giuseppe Gregucci), “Dolores” di Giacomo Lacerenza e “Marcia funebre” di Marco Falgheri, i cui spartiti appartenevano all’organista della Cattedrale Cosimo Simonetti.
Le ricerche del prof. Gigante portarono alla luce anche gli spartiti completi del canto della “Desolata” e un libretto della Via Crucis risalente al 1857 stampato a Napoli, con musiche del francavillese padre Serafino Marinosci. E così è avvenuto per tanta altra bella musica che andrebbe riscoperta e che sarebbe un vero peccato finisse nel dimenticatoio.