Controlli in bar, pub, pizzerie, ristoranti e agriturimi: quasi la metà dei lavoratori sono risultati “in nero”. Sono i dati allarmanti emersi dalle ispezioni eseguite tra il capoluogo e la provincia jonica dai funzionari dell’Ispettorato del lavoro.
I controlli sono scattati tra maggio e giugno in orari serali e notturni in 63 esercizi pubblici. Su 218 lavoratori controllati (camerieri, cuochi, commessi) ben 95 sono risultati del tutto in nero. “Non solo sfuggivano alla contribuzione assicurativa e previdenziale- si legge in una nota a firma del capo dell’Ispettorato territoriale del lavoro, Michele Campanelli- ma avevano retribuzioni inferiori ai contratti collettivi di lavoro con frequenti violazioni dell’orario del lavoro e dei riposi. I funzionari dell’Ispettorato de laforo, oltre che ai recuperi dei contributi omessi provvederanno a far ottenere le differenze di retribuzione a vantaggio prorpio dei lavoratori “in nero”.
Ciò ha prodotto inoltre un altro risultato che desta preoccupazione in 36 su 63 unità produttive ispezionate- prosegue Campanelli- è stato riscontrato che il personale privo di contratto superasse il 20% dei lavoratori. Per questo motivo sono stati emessi prov vedimenti di sospensione dell’attività. Dunque due dati vanno messi in evidenza. Il primo è che anche dopo i recenti interventi legislativi di appesantimento delle sanzioni in materia, emerge che nei locali pubblici della provincia resta forte la piaga del lavoro irregolare.
Il secondo è che, nonostante il personale ispettivo sia in diminuzione l’ispettorato nazionale e la sua struttura territoriale tarantina raggiungono risultati di rilievo attraverso un affinamento dell’analisi degli elementi rilevatori del fenomeno. L’ispettorato del lavoro di Taranto- conclude Campanelli- conferma anche in questa occasione il proprio ruolo di istituzione impegnata nel contrasto al lavoro sommerco, anche quando ciò assume i controlli penali.
Ciò può essere fatto con crescente efficacia se chi chiede tutela offra all’Ispettorato crecente efficacia informazioni che facciano conoscere da subito la propri realtà lavorativa di diritti negati”.