Work in progress. È stato un primo incontro, in cui si è analizzata la richiesta di ArcelorMittal, quello svoltosi venerdì presso la sede dell’Autorità portuale. Un vertice per verificare possibilità alternative agli sporgenti portuali della fabbrica per lo scarico delle materie prime.
Con il IV Sporgente sotto sequestro, ArcelorMittal ha comunicato ai sindacati che verificherà la possibilità di approvvigionarsi delle materie prime e dei minerali che servono alla produzione anche da banchine esterne al centro siderurgico. Solo il IV (quello che è stato posto sotto chiave dalla magistratura) ha una profondità fondali di circa 25 metri, che consente l’attracco di navi di grandi dimensioni quali sono quelle che trasportano ciò che serve all’acciaieria per produrre. Due sporgenti servono per lo sbarco delle materie prime e dei minerali e due per l’imbarco dei semilavorati; ma il IV ha delle caratteristiche che lo rendono fondamentale. Di qui l’esigenza di individuare delle alternative allo sbarco. Bisogna verificare quali disponibilità ci siano, tenendo conto della particolarità dell’operazione, dell’agibilità degli spazi, delle gru e dei mezzi che devono essere usati.
Intanto, si riunirà lunedì prossimo la “task force” congiunta tra ArcelorMittal e sindacati metalmeccanici per l’analisi dello stato di sicurezza e degli impianti del siderurgico di Taranto dopo l’incidente mortale avvenuto mercoledì della scorsa settimana al quarto sporgente portuale a causa di una tromba d’aria.
«Lunedì – spiega Biagio Prisciano, segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi – ci confronteremo sulla situazione degli altiforni dopo aver esaminato in questi giorni quella dello sbarco materie prime, dei parchi minerali e delle cokerie. Anche in questo caso faremo un punto della situazione e vedremo quali interventi di messa in sicurezza e di manutenzione sono stati fatti e quali altri ne restano da fare».
Prisciano aggiunge poi che per le gru «abbiamo il problema degli operatori che non intendono salire sulle gru se prima la situazione non si chiarisce bene sotto il profilo della sicurezza. Ed è una preoccupazione assolutamente legittima e comprensibile, considerato che in sette anni abbiamo avuto due incidenti mortali alla stessa gru e con la stessa dinamica».
Sullo sfondo resta l’annunciato spegnimento dell’Altoforno 2, come disposto dalla Procura della Repubblica di Taranto nell’ambito del procedimento seguito alla terribile morte, nel 2015, dell’operaio Alessandro Morricella. Un tema, quello dello stop ad Afo/2, di cui si è parlato anche nel vertice di lunedì al Mise, e che è assolutamente cruciale nel fragile equilibrio che caratterizza oggi l’attività dello stabilimento siderurgico di Taranto. La Procura, dando seguito al rigetto della istanza di dissequestro, ha disposto l’avvio delle operazioni di spegnimento. Senza Afo 2 oggi lo stabilimento non si regerebbe in piedi: dalle attuali 5 milioni di tonnellate si scenderebbe a non più di 3,5. Qui si gioca una partita tutta tecnica tra Am e Amministrazione Straordinaria, da una parte, e Procura dall’altra, per capire come questo altoforno possa funzionare senza mettere a rischio la vita dei lavoratori.