Dopo un anno di reggenza affidata alla prof.ssa Santarcangelo, preside del Cabrini, il liceo Archita, la più antica scuola di Taranto, ha di nuovo un suo dirigente scolastico, il prof. Francesco Urso, classe 1975, già suo alunno.
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C’è un’Archita immateriale, fatta di uomini e donne che in quasi 150 anni di storia si sono avvicendati nelle sue aule come studenti e come professori, ma anche delle loro famiglie, e degli altri lavoratori che hanno cooperato a tenere in piedi una struttura complessa e sempre in pericolante equilibrio come una scuola. E’ un’Archita immateriale che ha prodotto (insieme con il vecchio istituto magistrale Andronico, dall’Archita assorbito) classe dirigente, eccellenti professionisti, cittadini consapevoli; che ha animato cultura non solo scolastica; che è stata incubatrice di importanti esperienze giornalistiche ed associative.
È un’Archita eterna (da sempre, la maggior parte di noi la declina al femminile, sottintendendo “scuola”, non “liceo”), chi ne ha ex; come le radiazioni, ma in positivo, rende addirittura ereditari i caratteri acquisti. È una scuola atemporale, nella quale i ragazzi del 1972 si danno la mano con quelli del 2019, e sono tutti compagni di scuola, appena appena più grandi alcuni, un po’ più piccoli i nuovi arrivati, ai quali altri ne seguiranno, in una specie di tempo fuori dal tempo, mitico, ciclico, come l’eterno rinnovarsi delle stagioni…
Poi c’è l’Archita di cemento e di tufo, di lavagne di ardesia e di Lim, di cavi elettrici e di tecnologie wireless, di succursali e di sedi provvisorie tutte più o meno inadeguate reperite anno per anno; una scuola nomade, itinerante, verrebbe di dire peripatetica…
Perché, a far data dall’estate 2013, l’Archita è stata estromessa dalla sua unica, vera sede, dalla quale è anche concettualmente inseparabile: il maestoso Palazzo degli Uffici, in abbandono e degrado, gigantesco dente cariato che si erge smozzicato nel cuore della nuova Taranto, della quale costituì non solo la più importante preesistenza edilizia ma anche la pietra di paragone per il disegno urbanistico; simbolo del fallimento politico ed amministrativo di Taranto del Terzo Millennio.
Ora, dopo un lungo abbandono iniziato con i primi “svuotamenti” ad inizio secolo (fra questi la vergognosa cacciata dell’Istituto per la storia e l’archeologia della Magna Grecia), è partita la messa in sicurezza; ma è ancora buio pesto sulla destinazione finale dell’edificio, che vorrebbero interamente “privatizzare” a danno della sua storica funzione pubblica, riservando al limite all’Archita uno spazio “simbolico”.
Una rapina bella e buona, che l’Archita non merita e che la città stessa, proprietaria dell’immobile, che tanto su quell’immobile e sull’Archita stessa ha in 150 anni investito, non potrà sopportare.