La sua firma è il blu. E il suo blu da alcuni giorni inonda il cielo delle notti di Taranto. Giulio De Mitri, artista tarantino riconosciuto in campo internazionale, quel suo blu ha voluto donarlo alla visione pubblica di una città a volte forse troppo distratta nei confronti dell’arte e della cultura in generale. Due installazioni, le sue, che proiettano soffi di luce metafisica. In due luoghi carichi di simbolismo: la Concattedrale di Giò Ponti e il porto. L’occasione: il festival di architettura, arte e design Mas Week. Fino al 12 ottobre ogni sera i fasci luminosi creati da Giulio De Mitri disegneranno quella simbolica ricongiunzione trascendente fra terra, cielo e mare.

Non a caso una delle due opere installative si intitola “Ricongiungimento”: è quella realizzata al porto, tra i moli Sant’Eligio e San Cataldo. Due fasci di blu proiettano nel cielo un triangolo equilatero: figura geometrica che conduce al richiamo del divino, la proiezione della base, cioè la terra, verso l’Alto. È l’ascesa verso la trascendenza che avviene, come nel caso dell’opera di De Mitri, sorvolando il mare, l’elemento acqueo sul quale Taranto è poggiata.
«In quest’opera – spiega l’artista – ho voluto rappresentare il mito e la rinascita identitaria di Taranto, il ritorno alle sue radici e alla sua storia millenaria». L’idea di trascendenza è forse ancora più accentuata nella prima installazione, “Uno sguardo accessibile” che inonda di blu la Concattedrale Gran Madre di Dio, la straordinaria opera architettonica di Giò Ponti tanto ammirata e studiata all’estero quanto vituperata nella città che ha la fortuna di accoglierla. Nel 2020 la Concattedrale compie 50 anni e quest’anno ricorrono invece i 40 anni della morte del grande architetto milanese che l’allora arcivescovo Guglielmo Motolese, con una capacità visionaria e intuizione artistica e culturale delle quali Taranto oggi è orfana, volle per progettare quello che doveva essere il centro spirituale della nuova Taranto, la città che si sentiva proiettata verso una dimensione industriale ed europea.
De Mitri con la sua installazione offre il suo omaggio al maestro Ponti. La sua installazione ha il suo generatore di forme, luci ed energia in quelle vasche che rappresentano l’elemento chiave nella interpretazione del progetto architettonico di quella moderna cattedrale: le acque nelle quali dovevano rispecchiarsi facciata e vela del suo monumento. Anche qui: la congiunzione fra terra, mare e cielo. Giulio De Mitri fa rivivere quelle vasche – spesso oltraggiate, anni fa persino ricoperte con una mano di asfalto, oggi non di rado usate come casuali porta rifiuti. «La luce blu cangiante e in movimento – spiega ancora l’artista – amplifica la sensazione spaziale della facciata della Concattedrale». Considerare “Uno sguardo inaccessibile” solo un omaggio a Giò Ponti sarebbe tuttavia riduttivo. De Mitri infatti ha realizzato un’opera nell’opera: non solo i fari led che illuminano l’edificio, ma anche trentasei pannelli riflettenti, quadri luminosi che assorbono e rimandano le luci circostanti, le luci della città che vive tutt’intorno: le luci dei lampioni, le luci dei semafori, i fasci luminosi che arrivano dalle auto, le insegne dei negozi.
«In questo modo – dice De Mitri – l’installazione diventa un percorso collettivo, tra memoria e partecipazione. La città diventa indirettamente partecipe e collaborativa all’opera artistica». Ma al di là del valore artistico intrinseco delle installazioni, c’è un messaggio importante nel lavoro di Giulio De Mitri: «Questo vuole essere un segnale di risveglio culturale per la città. Abbiamo bisogno di cultura e bellezza per rinascere». E il pensiero vola anche all’altro grande monumento di arte contemporanea che abbiamo a Taranto: la Piazza Fontana di Nicola Carrino. Vituperata al pari della Concattedrale. La rinascita passa anche dalla comprensione del valore di questi tesori.
Enzo Ferrari
Direttore Responsabile
Adesso provate a disboscare tutti gli alberi di viale magna Grecia ,magari mettere qualche panchina ,delle pensiline visto che c’è gente che prende il bus ,mettete un prato sintetico e fate uscire il bianco da quei marmi completamenti oscurati dal tempo . Non è un capolavoro ,credo sia quello che Gió Ponti ha estrapolato da questa città e cioè il vuoto ,non se ne vedono angeli posarsi sul retro della chiesa ,ma se andiamo da dietro vediamo la giungla e il grezzo che c’è in questa città . Ormai c’è ma non ne siamo fieri .