Morto folgorato a soli 37 anni, durante il suo primo giorno di lavoro: l’ennesima morte bianca che fa riflettere anche sul sistema di somministrazione del lavoro interinale.
Il pubblico ministero della Procura di Pordenone, Federico Facchin, al termine delle indagini preliminari del procedimento penale per il decesso di Donato Maggi, ha chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio colposo per due figure apicali della ditta per la quale l’ operaio “interinale” aveva appena iniziato a lavorare, in un’ azienda, con sede a Porpetto (Udine): si tratta di D.T., 69 anni, di Precenicco (Ud), dirigente e responsabile del cantiere e A. B., 50 anni, di Latisana (Ud), in quanto titolare di fatto e datore di lavoro.
In relazione alla richiesta il gip del Tribunale pordenonese, Rodolfo Piccin, ha fissato per il 15 giugno 2020, presso il palazzo di Giustizia di Piazza Giustiniano, l’udienza preliminare di un processo da cui i familiari della vittima e Studio3A, che li supporta, si aspettano giustizia. L’infortunio mortale, accaduto il 7 agosto del 2018, ebbe vasta eco, anche per il luogo dov’è accaduto, un cementificio colosso del settore con diecimila dipendenti in 14 Paesi e un fatturato di 2,8 miliardi.
Maggi, che era originario di Carosino e che si era sposato da soli cinque mesi stabilendosi a Ragogna (Ud), era stato assunto con contratto a tempo determinato (dal sette agosto al primo settembre) da una agenzia interinale con la qualifica di operaio e per la mansione di manutenzione impiantistica: dunque, era al suo primo giorno lavorativo per la nuova impresa. Com’è emerso dalle indagini condotte dagli esperti della Struttura complessa di “Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro” dell’Asl 5 Friuli Occidentale, il lavoratore, però, non aveva alcun attestato di formazione specifica in materia di sicurezza sul lavoro e non vi erano evidenze circa l’avvio ai relativi corsi: nel suo contratto di assunzione l’allegato relativo all’identificazione dei rischi per la salute non era compilato in alcuna voce di rischio e, soprattutto, la sua esperienza nel settore delle manutenzioni era limitata a due mesi di attività. “Circostanze che forse imporrebbero interventi normativi sul pur prezioso e utile ambito del lavoro interinale atti a evitare che persone inesperte vengano “catapultati” in condizioni di pericolo- scrive in una nota dello Studio 3A- quel giorno infatti Maggi, appena giunto sul posto di lavoro, alle 7.45, venne subito mandato all’interno di una cabina di trasformazione del cementificio: l’incidente si è verificato alle 8.05. Doveve essere realizzata una struttura atta a rimuovere il trasformatore trifase posto all’interno della cabina: come da sopralluogo effettuato il giorno precedente, avrebbe dovuto visionare la parte sottostante del pavimento flottante rimuovendo alcune mattonelle e prendere le misure onde decidere la metodologia e realizzare eventuali strutture per la rimozione del trasformatore, programmata per il 16 agosto. Il responsabile del cantiere, che doveva occuparsi del lavoro con Maggi (un altro collega era stato destinato a un altro lavoro), una volta rimosse le mattonelle, ha ordinato al 37enne di iniziare a smontare le coper ture del trasformatore, che risultava ancora sotto tensione, consegnandogli chiavi inglesi e un avvitatore elettrico specifici per la bulloneria dello stesso: un’operazione che però non solo Maggi ma nessun dipendente avrebbe dovuto effettuare, in quanto la convenzione riguardava lavori unicamente di natura meccanica e i protocolli di sicurezza di quest’ultima prevedono l’intervento da parte della propria squadra di elettricisti ogni qual volta sia necessario compiere interventi anche ispettivi su impianti normalmente in tensione, come nello specifico. Sul trasformatore inoltre campeggiava una targhetta con su scritto “Prima di togliere le protezioni accertarsi che il trasformatore sia staccato dalla rete di alimentazione”.
Purtroppo Maggi, di fronte all’ordine impartito dal dirigente ha proceduto, e quando il responsabile del cantiere, che si era assentato per qualche minuto per chiedere un’informazione al responsabile della manutenzione meccanic, è tornato alla cabina, ha trovato l’operaio accasciato sul trasformatore con l’addome appoggiato sui radiatori. Inutili i tentativi di rianimarlo, anche da parte dei sanitari del Suem, subito allertati e giunti alle 8.32 dal pronto soccorso di Maniago, che hanno eseguito le manovre di rianimazione fino alle 9.26 e a cui non è rimasto che constatare il decesso. Anche alla luce dei diversi bulloni trovati già rimossi dalle piastre laterali del trasformatore, c’è voluto poco per concludere che Maggi, nello svitarli, sia entrato in contatto con parti in tensione elettrica che gli hanno cagionato un’elettrocuzione fatale, con conseguente arresto cardio circolatorio, come confermato dall’autopsia disposta dal Pm e affidata alla dott.ssa Barbara Polo Grillo. Alle operazioni peritali, come consulente di parte per la famiglia, ha partecipato anche la dott.ssa Elisa Polonia messa a disposizione da Studio3A-Valore Spa, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui si sono affidati i familiari della vittima, attraverso il responsabile della sede di Udine Armando Zamparo e il consulente personale Luigi Cisonna