La notte di Natale, con i senza dimora del centro di accoglienza notturno della Caritas, qualche anno addietro nell’ex convento “SS.Croce”, sulla strada per Reggio Calabria. Andarci per trascorrere tre ore del proprio tempo e tornarsene consapevoli che si è ottenuti molto ma molto di più. E’ accaduto a un papà separato da poco, che solitamente nella tristezza della Notte Santa senza i suoi figli, preferisce andare a letto presto per non soffrire del distacco dagli affetti. Sembra una di quelle storiacce natalizie inventate per celebrare i buoni, presunti tali, sentimenti che dall’infanzia ammorbano l’esistenza. Invece… L’invito era pervenuto qualche giorno prima dalla dolcissima responsabile del centro, Rosanna Putzolu, che con quei modi così gentili scioglierebbe i cuore più duri. Alle 19, in una serata meteorologicamente disastrosa, l’accoglienza avviene nel modo più caloroso. Si respira aria di famiglia. Con qualcuno la conoscenza è da tempo avviata, come per Antonio, ex cuoco, gentile ed educato anche lui, facile da incontrare in via D’Aquino prima che la malattia avesse la meglio. C’è il “ferrovecchiaro” che gira instancabilmente per la città a bordo del “trerruote” che è difficile riconoscere così ripulito. Ci sono anche alcuni immigrati immigrati che lavorano dalle nostre parti, pieni di dignità e che trovano disdicevole chiedere la carità in strada.
Cosa fare nella Notte Santa? Mangiare un po’ di panettone, bere del cioccolato caldo e due chiacchiere fra amici: non si potrebbe desiderare nulla di più. Molti, dopo un po’, preferiscono abbandonare la tavola e andare a letto. All’improvviso qualcuno bussa all’ingresso. Un ritardatario? Risuonano subito nell’aria esclamazioni di gioia fra il viavai di vassoi. Un noto benefattore del centro di accoglienza, assieme alla consorte, è venuto a portare il cenone di Natale: pollo arrosto, patatine e altre contorni, focacce, pandoro e panettone e bevande in quantità. Si apparecchia subito con la tovaglia delle grandi occasioni. I volontari vanno ad avvisare della novità quanti sono già sotto le coperte. Tutti scendono dal letto, rinunciando ad anestizzare con il sonno il dolore di un’esistenza travagliata. C’è aria di gioia. Di più. È come se attorno a ciascuno fossero presenti le proprie famiglie, ormai lontane. Anche gli immigrati si lasciano coinvolgere dall’atmosfera e fraternizzano. Si scherza, si ride e si canta. Anche nel papà separato sembra attenuarsi il dolore della lontananza dei figli con i quali, raggiunti telefonicamente, ci si scambia brevemente gli auguri, aggiungendo “Stiamo giocando, ci sentiamo dopo. Ciao, papà”. Dal cellulare giunge l’eco di una tavolata festosa: chissà chi è seduto al posto che solitamente egli occupava.
Fattosi ormai tardi, c’è chi si intrattiene a tavola, altri invece vengono accompagnati a messa alla San Francesco De Geronimo, la chiesa di don Nino, il direttore della Caritas, amico di tutti.
Qualcuno depone nella grotta il Bambinello.
Prima di lasciare il centro accoglienza, il papà separato viene chiamato da Antonio: è la solita richiesta del “caffè”? Discretamente, al bancone dell’accoglienza,. Antonio porge una sporta cariche di cibarie messe da parte: “Dottore, so che lei è solo, ho preparato qualcosa per lei per domani. Buon Natale!”. Ci si abbraccia commossi.
Da lontano giunge il suono delle campane che annunciano l’approssimarsi della funzione solenne. Buon Natale anche a te, Antonio, che proprio l’altro giorno sei andato in Cielo.
Storia commovente… Davvero… Però molto spesso si dimentica che anche molte mamme restano sole a tirar su i propri figli… Nella solitudine e disperazione, cercando di poter andare avanti con la dignità di una donna che prima di tutto è mamma. Riflettiamo bene in questo Santo Natale, diamo valore alla famiglia e cerchiamo di evitare di far soffrire chi non ha nessuna colpa… i bambini. Buon Natale
Non ho potuto trattenere lacrime di commozione leggendo questo articolo.Grazie….e felice Natale